giovedì 22 dicembre 2022

Dampyr in carne e ossa: intervista a Mauro Boselli

Il nostro lungo “Speciale Dampyr” dedicato al film, uscito in sala in 28 ottobre, non poteva che concludersi con un’intervista al co-creatore del personaggio e della sua saga: Mauro Boselli.

In un tuo recente intervento hai definito il film di Dampyr come «un’opera eccezionale», all’altezza delle tue aspettative. Che sensazioni ti ha dato vedere sullo schermo i personaggi ideati da te e da Maurizio Colombo?

Innanzi tutto «eccezionale» significa anche che è un’opera al di fuori degli schemi nel panorama attuale del cinema italiano, perché è un film di genere, un film d’azione, un film horror-fantasy di cui non abbiamo altri esempi al momento. È chiaro che si colloca nella tradizione del cinema horror italiano, nel solco dei capolavori di Bava e di Argento. Però è anche altro, qualcosa di al di fuori della nazionalità. Chemello ha fatto un lavoro assolutamente moderno, un film di cui appunto non traspare la nazionalità, potrebbe perfino essere balcanica, in virtù dei personaggi della storia. E questo è sorprendente. L’atmosfera del luogo – il genius loci, che noi cerchiamo anche nella serie di Dampyr – è perfettamente realizzata: si vede la guerra nei paesi dell’Est, si vede la gente, si sente la musica, si vedono le facce… Il film è girato chiaramente in Romania, in Transilvania, però potrebbe essere la Bosnia-Erzegovina delle storie di Dampyr.
L’emozione che ho provato nel vederlo è stata forte. Credo che sia stata condivisa anche da molti dei lettori e degli appassionati di Dampyr, perché i personaggi prendono forma, in carne e ossa, nella realtà del film, come usciti dalla stessa pagina! L’attore che interpreta Kurjak, Stuart Martin, mi ha confessato che per girare certe scene si è ispirato alle vignette del fumetto di Majo. Ed effettivamente quando l’ho visto di persona mi sembrava di avere davanti Emil Kurjak, grande e grosso come lui! Wade Briggs è un ottimo Dampyr, molto personale. Anche lui ha fatto una ricerca attoriale sul personaggio. Nella sua interpretazione passa dall’antieroe alla presa di coscienza del suo destino: è la storia tipica dell’eroe dei mille volti della mitologia e della narratologia. E poi c’è Tesla, la bellissima Frida Gustavsson, che pure ha fatto un grande lavoro. È, forse, una Tesla più emotiva di quella del fumetto, ma a sua volta è riuscita benissimo nel rendere la presa di coscienza della parte umana ancora viva nella sua natura di non-morta. C’è molto pathos nelle sue scene. E con Tesla c’è una scena sui tetti di Sarajevo identica a quella del fumetto mio, di Colombo e di Majo. Questo significa che Chemello, che è un appassionato di fumetti – l’ha confessato lui stesso –, effettivamente in certi casi ha rispettato perfino la scansione delle scene. In altri casi c’è stata una semplificazione, specialmente nella seconda parte, per scelte cinematografiche, che rispetto totalmente e che mi hanno divertito. È chiaro che se avessi avuto mano libera – ma devo dire che non m’intendo di budget e di costi delle scene – avrei messo di tutto e di più, forse esagerando. Però il film mi è molto piaciuto. Quello dove forse siamo mancati – forse per una questione di esperienza della situazione attuale del mercato – è farlo conoscere di più, in modo che potesse restare di più nelle sale. I suoi meriti sono immensamente superiori al destino che, per il momento, ha avuto nelle sale italiane. Gli auguro miglior fortuna all’estero.

Inverto una domanda che avevo posto a Uzzeo, Masi e Ostini, gli altri sceneggiatori del film. Quali sono gli elementi in comune tra la sceneggiatura per il fumetto e quella per il cinema?
Per il cinema occorrono meno parole, perché la sceneggiatura di un fumetto, quasi come quella di un’opera teatrale, ha bisogno di dialogo per creare la situazione, l’atmosfera, perfino l’ambiente. Nel cinema non ce n’è bisogno: gli sguardi dei personaggi o l’ambiente possono dire più di mille parole, quindi la sceneggiatura di un film è molto più laconica di quella di un fumetto. Tecnicamente non è molto diversa: ci sono delle regole diverse, ma, in fin dei conti, si tratta di dialoghi e di inquadrature. Poi, in realtà, io ho scritto un trattamento in cui suggerivo al regista, dall’alto della mia inesperienza, come avrebbe dovuto inquadrare, per esempio, la scena iniziale del prologo. Questo non è necessario nel caso della sceneggiatura cinematografica, quello è il lavoro del regista o dello storyboarder che assiste il regista. Si tratta semplicemente di dividere in scene, di mettere un dialogo e di preparare l’ambiente, nella sceneggiatura scritta. Nel fumetto, invece, c’è anche la regia, perché ogni singola inquadratura – nel fumetto sono molte di più – è decisa dallo sceneggiatore, almeno per la mia scuola, la scuola Bonelli. Questa è la differenza. Per cui, nel fumetto io ho fatto sia regia che sceneggiatura, per il cinema ho fatto soltanto la stesura dei dialoghi e la stesura delle scene. Ma ripeto, io sono l’autore della storia del fumetto originale, insieme a Colombo, e del trattamento. Poi ovviamente ho collaborato alla sceneggiatura, che però è stata scritta soprattutto dagli altri tre, che tengono più presenti quegli aspetti che riguardano il costo della scena e la possibilità di realizzarla.
Aggiungo che quando io scrivo un fumetto non mi pongo problemi di budget, mentre nel cinema bisogna porseli, purtroppo.

Hai qualche aneddoto curioso da raccontarci sulla lavorazione del film?
Be’… il fatto che all’inizio, quando non si sapeva ancora che avremmo avuto un budget raddoppiato per l’intervento della Eagle, quando dicevo «qui ci vogliono diversi cavalli, ci vogliono jeep e carri armati», dicevano «no, no, per carità! possiamo metterci una sola jeep, un solo cavallo…». Effettivamente all’inizio, nella scena in cui entrano a Yorvolak, vediamo una jeep sola. Poi, però, arrivano le altre.

Passiamo a qualche domanda sui fumetti. Mi dicevi che qualche anno fa sei stato a Youghal, la cittadina irlandese in cui è ambientata la recente storia doppia disegnata da Genzianella. Cosa ti ci ha portato? L’hai trovata effettivamente triste e desolata come descritta nel fumetto?
Sì, ci sono stato ormai sei o sette anni fa, perché per altri impegni non ho scritto subito la sceneggiatura. Io mi auguro che si sia ripresa. So che dà segni di ripresa, un po’ come anche nel fumetto. Ovviamente la polizia di Youghal non è come quella che c’è nel fumetto, che in parte è schiava dei cattivi! Ci sono delle differenze sostanziali, però gli ambienti sono quelli. Effettivamente in un giro per l’Irlanda, alla caccia di varie cose, ho dormito anche in un hotel cosiddetto infestato dai fantasmi, ma senza avere nessuna esperienza soprannaturale. Ma quello non mi ha ispirato. Poi arrivai a Youghal, a cui ero interessato essenzialmente perché è una cittadina antica che è stata abitata dal corsaro Sir Walter Raleigh. E ho scoperto quest’atmosfera abbastanza lugubre, soprattutto il convento abbandonato di Loreto, che è all’inizio del paese sull’estuario del fiume, che dà sul mare: un posto incantevole. E poi l’abbandono, cosa che è successa anche a molti paesi italiani dopo le varie crisi che si sono susseguite dal Duemila in qua. Era veramente triste, perché si vedeva una città piena di vita che era stata improvvisamente abbandonata: i negozi chiusi, mille vetrine sporche, non c’era quasi nulla che funzionasse. Questo mi ha ispirato.
In realtà ci sono moltissime altre storie che avrei nella penna o nella macchina da scrivere, per così dire, che derivano dai miei viaggi, ma non in tutti i casi poi mi sono messo a realizzarle. Per esempio, anche la storia islandese che è adesso in edicola, deriva in parte da uno di questi viaggi [La scuola tra i fiordi, ndr].

Mi sembra che quest’ultima storia sia piaciuta molto ai lettori…
Be’, sì, ai lettori a cui piacciono le storie d’atmosfera, magari meno a quelli a cui piacciono le storie d’azione.

Nell’ultima intervista ci avevi anticipato di un imminente ritorno di Taliesin. Cos’altro ci aspetta nella prossima annata dampyriana?
Innanzi tutto la storia di Taliesin non è soltanto una storia ambientata nel passato. Sarà disegnata da tre autori: Laurenti, Viotti e Genzianella. Laurenti e Viotti si occuperanno della parte nel passato, perché dopo diversi anni bisogna finalmente dire che cosa è successo al primo Dampyr che era prigioniero del Maestro Kostantin, alias Kostacki, alleato di Lord Marsden. Taliesin, il Dampyr del passato, è rimasto prigioniero per anni, e chiaramente adesso vedremo come è stato liberato. La parte nel presente sarà disegnata invece da Genzianella. La saga quindi continuerà sia nel passato che nel presente con altri episodi, ma soprattutto nel presente. Anche se siamo ancora lontani dalla realizzazione completa, quindi spero che niente si frapponga tra i desideri e i fatti. Intendo realizzare una saga in cui Azara, Dampyr e altri importanti personaggi, tra cui ovviamente Vassago, il Demone delle cose perdute, cercano di recuperare ognuno per suo conto i frammenti del cosiddetto Calderone della Conoscenza del Maestro della Notte Dagda, lo scienziato dei Maestri perito più di un millennio e mezzo fa. Questa saga inizierà l’anno prossimo, tra l’estate e l’autunno, e poi continuerà. Ci saranno dunque avventure che si svolgeranno in diverse parti del mondo, dall’Africa all’Europa, e che comporteranno la ricerca di questi frammenti del Calderone. E forse – dico forse – intorno al numero trecento, ci potrebbe essere uno scontro finale con Marsden: ipotizzo.
Un piccolo problema di Dampyr in questo momento è che sono l’unico a scrivere la continuity insieme ai rari apporti di Giusfredi e Falco, impegnati in altro. E soprattutto ho ceduto la maggior parte di miei disegnatori più pregiati a Tex. Il curatore di Tex me li ha portati via [cioè lo stesso Boselli, ndr]. Quindi ne chiederò in prestito qualcuno per poter realizzare questa saga.

Nell’attesa di poter scoprire di più su questa saga, non ci resta che ringraziare il Bos per la sua disponibilità, e dare appuntamento ai lettori di Dampyr per un 2023 ricco di sorprese e ottime letture.




Risorse Web:
Mauro Boselli su Wikipedia
Dampyr: tra vampiri e folklore affascinante – Intervista a Mauro Boselli
Pagina Facebook del film
Pagina Facebook di Dampyr
Bonelli Entertainment
Sergio Bonelli Editore
 

domenica 11 dicembre 2022

AAVV, “Sangue”

Titolo: SANGUE
Autore: AAVV
Anno: 2022
Edizione: BLACK HOUSE
Copertina: CLAUDIO MONTALBANO
ISBN: no
Pagine: 236

Nel mese di settembre le edizioni Black House hanno dato alle stampe un’antologia vampiresca con quattro racconti di giovani veterani del panorama horror nostrano: Andrea Cavaletto, Pietro Gandolfi, Christian Sartirana e Sebastiano Tuccitto. Corredato dalle belle illustrazioni di Barbara Astegiano, il volume è introdotto dal documentato saggio Ex sanguine – Vampiri di Fulvio Giachino, incentrato sul folklore e sull’associazione tra vampiro e pipistrello.

Andrea Cavaletto, I senza nome
Saverio è uno scrittore in crisi creativa, trasferitosi a Lampedusa per prendersi cura del padre Carmelo, ex marinaio che ha subito un ictus. Con lui ci sono la moglie Carola, la figlioletta Adele e Luca, il figlio più grande.
Luca è spesso fuori casa, insieme a Claudia, la ragazza di cui si è invaghito, Massimiliano e Michele, l’unico del posto. Massimiliano, razzista intollerante verso i poveri migranti accolti sull’isola, convince gli amici a partecipare a una «caccia al negro». La vittima presa di mira è Ismael, un ragazzo magrebino arrivato da pochi giorni. Massimiliano inizia a malmenarlo, mentre gli altri tre rimangono allibiti a guardare. Ismael si rialza sanguinante da terra e, sfoderati due lunghi e storti canini, morde il suo aggressore alla caviglia.
Mentre Saverio si sblocca e prende a scrivere il «grimorio degli annegati», la scabbia si diffonde nel paese – Carola è tra i primi contagiati – e iniziano violente aggressioni di infetti che mordono le loro vittime. Nel frattempo Carmelo vede arrivare a riva una miriade di vestiti, scarpe, catenine, pagine del Corano e della Bibbia, vomitati dal mare insieme a un forte odore di putrido. È l’annuncio che la bara del Mediterraneo sta per aprirsi.
L’elemento centrale del racconto di Cavaletto è una chiara critica sociale alla gestione del fenomeno dei migranti, i cui morti nella finzione narrativa ritornano dall’aldilà per vendicarsi: sono i sensi di colpa del ricco Occidente che si materializzano in chiave orrifica. A questo si sovrappone la vicenda della disastrata famiglia di Saverio, protagonista di schermaglie e incomprensioni, che conferiscono veridicità al racconto. Un altro preziosismo dell’autore è l’uso del dialetto da parte dei personaggi anziani, gli unici che sanno cosa sta accadendo, forse perché hanno un legame più stretto e onesto con la terra e con il mare.

Pietro Gandolfi, Late Night Show
Sabrina è una ragazza punk timida e introversa, che finalmente ha trovato degli amici che la accettano, ma che pure sono diversi da lei: i disinibiti fidanzatini Steve e Alyssa, il ricco Tobias e l’anonimo Wilson.
Una sera i cinque riescono a partecipare a una trasmissione televisiva con il loro idolo, il musicista e pittore Quentin Steele. È un evento speciale, perché Steele, autore di opere demoniache e grondanti sofferenza, non ha mai concesso interviste. E l’anchorman Jack Foreman si è assicurato con lui un vero scoop, essendo l’artista la prima personalità di spicco ad aver dichiarato pubblicamente di essere un vampiro.
Foreman tenta di metterlo in difficoltà, ma Steele sa girare il discorso a suo vantaggio. È nato vampiro, ma la condizione può essere trasmessa: la conferma che Sabrina e i suoi amici attendevano da tempo. Ha fatto la scelta di uscire allo scoperto perché i vampiri vengano integrati nella società, cosa che risparmierebbe attacchi ai danni di innocenti. Per la prima volta Foreman non ha il controllo del suo programma e va su tutte le furie, cosa che gli costerà cara quando verrà si troverà faccia a faccia con i cinque arrabbiatissimi punk.
Il racconto di Gandolfi ha per protagonista una ragazza che è una diversa tra i diversi, circondata da ragazzi fragili, insicuri, la cui insoddisfazione sfocia in una violenza cieca e senza senso. Sabrina sembra essere l’unica a sapere chi è, anche se non riesce a trovare una sua dimensione, almeno fino a quando non incontra Quentin. Il vampiro di Gandolfi, ritagliato sulle fattezze di Peter Steele dei mitici Type O Negative, è parte di una più ampia comunità che, prima nascosta nell’ombra, sta ora venendo allo scoperto. È quindi una figura pienamente al passo con i tempi, metafora di una minoranza esclusa ed emarginata.

Christian Sartirana, Il parassita
Da una settimana Silvia vive una storia di sesso con un uomo conosciuto a una festa aziendale. Non che Silvia impazzisca per lui, non sa neanche spiegarsi bene perché continui a vederlo, è come se in qualche modo ci sia costretta. Per di più, dopo aver fatto sesso, lui si addormenta come un sasso, e alla donna sembra di vedere cose strane: una figura scura gonfia le coperte, la punge, per poi rifugiarsi sotto il letto. Il risultato sono piccole ferite tra le dita dei piedi e delle mani, che le provocano un fastidioso prurito.
Tania, amica e collega in uno studio di grafica, trovandola scontenta e sciupata, le consiglia di troncare la relazione. Silvia viene però a sapere che Tania aveva fatto sesso con lui, e si convince che i suoi consigli siano dettati dalla gelosia. Gli appuntamenti, così, continuano regolari e la donna deperisce sempre di più. Riuscirà Silvia a liberarsi dalla soffocante relazione?
Questa è la storia di un rapporto vampiresco, una relazione distruttiva, che sembra sottintendere una propensione all’autolesionismo della protagonista. Silvia, infatti, si lascia andare a un rapporto che razionalmente non vorrebbe, e che non solo accetta ma che finisce per cercare. Però non riesce ad ammetterlo, neanche con se stessa. Il tema polidoriano del vampiro mondano, che adesca vittime alle feste, e le modalità dell’aggressione tipiche dell’incubo, impreziosiscono un racconto avvincente e originale.

Sebastiano Tuccitto, La giostra
In cerca di emozioni forti, Clara e Diego iniziano a frequentare la perversa e affascinante Angelica, esperta di pratiche sadomaso. Dopo qualche mese di apprendistato, i due vengono ammessi al suo gioco più esclusivo: la Giostra. In una sontuosa villa, Clara e Diego si ritrovano tra decine di corpi impegnati in amplessi, per poi raggiungere una stanza più intima con un grande letto a baldacchino. Qui Clara si unisce alle pratiche violente e sanguinarie di due bellissime ragazze, per poi accogliere vogliosa le attenzioni della famelica di Angelica, sotto gli occhi attoniti ed eccitati di Diego, circondato da decine di spettatori.
Il racconto meno convincente della raccolta, che cerca di essere estremo e disturbante, ma che manca di incisività. I vampiri, o presunti tali, sono esseri alla ricerca del piacere, che raggiungono succhiando la vita (e non solo) delle loro compiacenti vittime.

In definitiva questa raccolta mantiene quanto promette: ben lontani dalle recenti derive sentimentalistiche del genere, i quattro racconti proposti sono incursioni moderne ed efficaci nel mito del vampiro, a base di horror, tenebre e parecchi litri di sangue.

Risorse Web:
Andrea Cavaletto su Wikipedia
Pagina Facebook di Andrea Cavaletto
Pietro Gandolfi su Wikipedia
Pagina Facebook di Pietro Gandolfi
Pagina Facebook di Christian Sartirana
Pagina Facebook di Sebastiano Tuccitto
Pagina Facebook di Barbara Astegiano
Pagina Facebook di Fulvio Giachino
 

domenica 4 dicembre 2022

Dampyr - N.273

Testata: DAMPYR, N.273
Episodio: LA SCUOLA TRA I FIORDI
Testi: MAURO BOSELLI
Disegni: LUCA ROSSI
Copertina: ENEA RIBOLDI
Lettering: OMAR TUIS
Pagine: 96
Edizione: BONELLI, 12-2022

Il nuovo episodio di Dampyr propone una storia natalizia ambientata in Islanda.

Secondo una leggenda islandese, nelle settimane che precedono il Natale, gli Jóslaveinar, i tredici troll figli della strega Gryla e dell’orco Leppaludi, vanno a trovare i bambini lasciando dei doni o facendo dei dispetti. Come però scoprirono a loro spese gli allievi dell’isolata scuola di Frodistadir, tra i fiordi del nordovest dell’isola, i troll e la loro malvagia madre sono ben più che una leggenda: una notte del 1958, quando ricevettero la loro visita, solo il piccolo Aki Baldursson riuscì a salvarsi.
Oggi, 21 dicembre: la scuola è semideserta per le vacanze. Rimangono solo sette ragazzini, insieme al custode e alla moglie, al vicedirettore Ragnarsson e alla maestra Freya Jónsdottir, la ragazza vent’anni addietro rapita da Gryla [nn.33-34]. Freya rimane turbata da un graffito con il nome della strega su un davanzale, e ha dei brutti presentimenti sul vicedirettore Ragnarsson, che deve rientrare a casa con il buio e sulla strada ghiacciata.
Nella scuola iniziano a verificarsi strani fenomeni: durante un blackout al guardiano sembra di essere osservato da qualcuno, delle sagome compaiono fuori nella tormenta e il giovane Niels vede una bambina sconosciuta che lo attira in un’ala abbandonata dell’edificio. Informato dal custode della possibile presenza di molestatori, Ragnarsson decide di raggiungere la stazione di Holmavík, affrontando un viaggio estremamente pericoloso.
Harlan è messo in allarme dai sogni di Gudrun, sacerdotessa del culto pagano di Asatru, e dalle preoccupazioni di Jón, il padre di Freya. I tre affrontano il viaggio per Frodistadir e il loro arrivo sarà provvidenziale per salvare Freya e i bambini, nel mezzo di un vero e proprio assalto da parte di Gryla e degli Jóslaveinar, evocati dalle azioni dei protagonisti della tragedia del 1958.

Boselli ci dimostra che il Natale può essere davvero terrificante, con una storia in cui l’orrore cresce pagina dopo pagina, anticipato da sogni premonitori, visioni, segni. Il racconto ha come base il folklore dell’affascinante leggenda di Gryla e dei suoi troll, su cui si innestano l’elemento fantastico delle presenze spettrali nella scuola, prefigurato da indizi disseminati qua e là dall’autore, e l’orrore ben più spaventoso, in quanto tristemente reale, della pedofilia.
Nelle stupende tavole del maestro Rossi ritroviamo le tipiche fattezze con spigoli aguzzi dei suoi personaggi. Sempre molto evocativo il suo tratto, che si adatta perfettamente a questo sinistro racconto. Terrificanti i suoi mostri, ma ancora più spaventose le ombre: sagome evanescenti, se sognate, o appena accennate se intraviste dai personaggi, e per questo ancora più inquietanti.



Risorse Web:
Scheda di La scuola tra i fiordi
Mauro Boselli su Wikipedia
Luca Rossi su Wikipedia
Sergio Bonelli Editore
Pagina Facebook di Dampyr

sabato 3 dicembre 2022

Un meraviglioso punto di partenza: intervista agli sceneggiatori di Dampyr

La lunga gestazione del film Dampyr è iniziata con un articolato lavoro di sceneggiatura, non tanto per la stesura del soggetto di Mauro Boselli e Maurizio Colombo, che riprende fedelmente la trama dei primi due episodi del fumetto, quanto per l’adattamento dello script al medium cinematografico. Della redazione del primo trattamento si è occupato Boselli, poi la palla è passata a Mauro Uzzeo, Giovanni Masi e Alberto Ostini, sempre con la supervisione del Bos. Nella serata milanese del 14 novembre, abbiamo approfondito il discorso con i tre sceneggiatori.

Che differenza c’è tra il lavoro di sceneggiatura di un fumetto e il lavoro di sceneggiatura di un film?

Mauro Uzzeo: La prima cosa che si deve tenere fortemente a mente quando si sceneggia per il cinema, è che si è parte di un ingranaggio più grande. Arrivi solitamente a bordo di una nave che è già partita, che ha già lasciato il porto, perché ci sono dei produttori che hanno deciso di investire su quel progetto, solitamente è stato già arruolato un regista, e si parte a volte da un materiale già esistente, come in questo caso. E sai bene che il tuo lavoro è un lavoro transitorio, cioè che farai una scrittura tecnica, in cui sei chiamato a dare corpo a quel primo scheletro che, grazie al lavoro di tante altre figure che si sommeranno dopo (il regista, gli attori, i tecnici, il direttore della fotografia, gli addetti agli effetti speciali, al montaggio, alle musiche), diventerà un film. Per cui, quando inizi a scrivere per il cinema, non puoi non tenere conto di tutti questi parametri. Ma nonostante ciò, la cosa bella è che comunque sei chiamato a metterci te stesso e la tua visione, la tua volontà di scrivere e di raccontare.

Quante stesure sono state realizzate prima di arrivare alla consegna della sceneggiatura definitiva al regista?
Giovanni Masi: Oh Dio, che domanda difficile…
M. U.: Mille?
G. M.: Un milione! No… Credo una ventina… o qualcosa di più. Ma è abbastanza normale, non sono tante per un progetto del genere, perché, come diceva Mauro, devi sempre calcolare che ci può essere l’intervento della produzione, degli adattamenti per la location… Noi abbiamo seguito il progetto per tanto tempo fino agli ultimi giorni in cui Riccardo cominciava a girare, per cui posso dirti che le stesure si sono accumulate una sull’altra. La stesura di tutto il film è stata abbastanza veloce, non ci abbiamo messo tantissimo: dovevamo correre. Dovevamo correre perché dovevamo sincronizzarci con i tempi del set, perché loro hanno girato a -4 °C. Abbiamo cercato di evitare di farli girare a -10 °C, perché poi i tempi erano quelli. Quindi sì, credo una ventina di stesure in totale.
M. U.: Sai, un conto sono le prime sceneggiature, in cui butti giù una stesura molto molto libera. Dopo cominci a confrontarti con il regista, con la sua visione, e allora il testo prende un ulteriore corpo. Idem per il lavoro con Boselli. Poi arriva il casting con gli attori, quindi il momento in cui dai delle facce ai personaggi, allora inizi a riadattarli un pochino a quello che vedi. Poi si va in location. Come è stato detto, il film non era su green screen, quindi nel momento in cui cominci a vedere i posti, allora riadatti il testo e lo modifichi un’altra volta. Qui un lavoro enorme l’ha fatto pure Michele Masiero insieme al regista sul set, dove si confrontavano con gli attori e sistemavano i dialoghi, a seconda di come sentiva meglio la battuta l’attore. Non ti nascondiamo che alcune delle battute più fighe sono nate proprio dal confronto con gli attori sul set: quel modo in cui Kurjak definisce Harlan «pretty boy», il modo in cui lo chiama [recitando in inglese, ndr], credo sia nato proprio spontaneamente a Stuart Martin sul set. Per cui, diciamo che la sceneggiatura la lavori fino all’ultimo momento. Ecco perché ne esistono varie versioni.

Quindi siete stati sul set ad apportare correzioni alla sceneggiatura, o comunque una volta consegnata è stata completamente presa in mano dal regista?
Alberto Ostini: Io non ci sono stato sul set, ma ci sono stati Mauro e Giovanni. Comunque sì, soprattutto molti dialoghi sono stati scritti vedendo la location vera e propria dove la scena si sarebbe girata. E questo è abbastanza normale in realtà, perché di solito sul set c’è uno sceneggiatore che, a seconda delle esigenze del film, mentre si fa, corregge e adatta lo script alla situazione.

Alberto, tu sei l’unico tra gli sceneggiatori del film che ha scritto anche i testi per un episodio a fumetti di Dampyr
A. O.: Sì, L’uomo di Belfast, un episodio ambientato nell’Irlanda del Nord. È stato molto, molto bello ritornare a quelle atmosfere. E adesso sto scrivendo, in realtà, un altro Dampyr, che dovrebbe uscire l’anno prossimo.

Siete soddisfatti del risultato finale della resa del film?
A. O.: Della resa, enormemente soddisfatti. Credo che vada sottolineato anche il valore del progetto, non solo del film in sé, preso asetticamente, ma di cosa significa un film del genere nel panorama produttivo italiano di questi anni.
G. M.: Sì, sono soddisfatto. C’è da migliorare, come per tutte le cose nella vita. E speriamo soprattutto nel prossimo di sistemare quelle due o tre cosette che ancora non mi convincono. Però sì, sono molto soddisfatto.
M. U.: Be’, abbiamo partecipato al primo film di lancio di Bonelli Entertainment, del Bonelli Cinematic Universe… solo un pazzo non sarebbe soddisfatto! Siamo felicissimi, ci siamo emozionati tutti e tre guardando il film e vedendo che prendeva vita. E, come diceva Giovanni, chiaramente vediamo tutti gli errori che ci sono in questo film, ma perché ne conosciamo tutte le strade, tutto quel che poteva essere e che non è stato, tutto quello che rischiava di essere e invece non è stato grazie alla bravura di tutti quelli ci hanno lavorato. Però chiaramente per ognuno di noi, e credo anche per Bonelli Entertainment in primis, questo è, e deve essere, un primo passo, un inizio. Nessuno di noi lo vede come un punto di arrivo, lo vediamo come un meraviglioso punto di partenza. E non vediamo l’ora di continuare a mettere tasselli, o a partecipare alla lavorazione di tasselli di questo mondo straordinario.

Ma, sbaglio, o qui c’è anche l’ambizione di proporre un modello di cinema diverso rispetto ai cinecomics americani? Una strada diversa, una strada italiana, un ritorno anche a un sano artigianato?
A. O.: Io direi che già il fatto di aver usato un certo tipo di maestranze tecniche, è anche un grande ricollegarsi a quel filo storico che è stato il grande cinema di genere degli anni Sessanta e Settanta.
G. M.: Sì. Se hai dei super-eroi, hai dei personaggi parecchio diversi da quelli della Sergio Bonelli Editore, che sono esseri umani che fanno imprese straordinarie. Quindi già di base ti devi discostare. Se abbiamo scelto la strada giusta non lo so, lo vedremo con il futuro. Per fortuna non è l’unico progetto della Bonelli Entertainment in lavorazione. Vediamo se convinciamo il pubblico.
M. U.: Magari è divertente anche parlare un po’ male dei film Marvel. Però, innanzi tutto, tanto di cappello ai film Marvel, e magari arrivarci a quei livelli. Anche perché dietro c’è una visione coesa di mondo incredibile, e un lavoro come quello che hanno fatto loro non era mai stato fatto prima. E credo che l’apice che hanno raggiunto con Infinity War e Endgame [il terzo e il quarto capitolo della saga degli Avengers, ndr] sia una delle vette del cinema moderno. Poi, è chiaro, fanno due milioni di prodotti, quindi c’è quello meno riuscito e quello più riuscito. Mi piacerebbe un giorno arrivare dire che Dampyr è stato l’Iron Man del Bonelli Cinematic Universe: un primo film più piccolo, con un personaggio sicuramente secondario rispetto a quelli più famosi. Perché, come Dampyr non è Tex per la Bonelli, allo stesso modo Iron Man non era Spiderman per la Marvel, soprattutto in quel periodo.
G. M.: Né gli X-Men.
M. U.: Né gli X-Men, che erano le testate che vendevano di più in quegli anni. Quindi io guardo con grossa commozione questo primo film, e spero che sia veramente il primo grande tassello, che ci ha insegnato tante cose. Non ci scordiamo che Dampyr è l’opera prima di Riccardo Chemello come regista, ma è anche l’opera prima di Bonelli Entertainment. E spero che quest’opera sia la prima di tante altre.

Per inciso, la svolta a livello di fortuna commerciale del cinema targato Marvel è iniziata con un dampire, cioè Blade… una coincidenza che mi sembra di buon augurio…
G. M.: È vero, speriamo!
A. O.: Magari!
M. U.: Ma se fosse qui Boselli, ti spiegherebbe tutte le differenze tra Blade e Harlan. Ma voglio dirlo chiaramente: Mauro, noi non ci prendiamo responsabilità per quello che ha detto Antonio!

Me ne assumo la responsabilità! Comunque, se il buon giorno si vede dal mattino, sarà una giornata splendida, a mio avviso.
G. M.: Grazie!
A. O.: Grazie!
Uzzeo: Grazie! Ci porteremo dei vestiti leggeri, allora!




Risorse Web:
Sito ufficiale di Mauro Uzzeo
Mauro Uzzeo su Wikipedia
Sito ufficiale di Alberto Ostini
Alberto Ostini su Wikipedia
Sito ufficiale di Giovanni Masi
Giovanni Masi su Bao Publishing
Il trailer ufficiale del film
Pagina Facebook del film
Bonelli Entertainment
 

giovedì 1 dicembre 2022

Dampyr - N.272

Testata: DAMPYR, N.272
Episodio: ORRORE A HYDE COURT
Testi: MAURO BOSELLI
Disegni: NICOLA GENZIANELLA, MICHELE RUBINI
Copertina: ENEA RIBOLDI
Lettering: OMAR TUIS
Pagine: 96
Edizione: BONELLI, 11-2022

L’episodio di Dampyr di novembre conclude la storia doppia iniziata con Gli spettri di Youghal.

Liberato da Maud e guidato dallo spettro di Buttimer, Harlan raggiunge la stanza dove l’infermiera Roisin è alla mercé dei bambini cannibali di Hyde Court. Il Dampyr mette fuori gioco una delle guardie e Florence, l’assistente di Vernon, dando la possibilità a Maud di allontanarsi con Roisin. Florence, però, si riprende subito e si mostra con il suo aspetto di demone della Dimensione Oscura: il suo vero nome è Fenriss. Nello scontro che segue, ha la peggio uno dei bambini: Harlan va su tutte le furie e carica la demonessa, cadendo con lei fuori dalla finestra.
Mentre i bambini cannibali si occupano di un’altra guardia, i fantasmi di Youghal mostrano a Maud e Roisin la strada per una stanza segreta nella soffitta, dove le due si rifugiano. Messa al sicuro la ragazza, Maud deve però uscire allo scoperto per salvare Fred, che viene torturato nel cortile da una guardia, sotto gli occhi compiaciuti di Vernon.
Aggiornato Watkins sulla situazione e affrontato Byrne, Harlan riesce a portar via Richards e a condurlo all’interno di una cappella. Ma per salvare i ragazzi disabili, il Dampyr è costretto a consegnarsi, promettendo di unirsi ai seguaci del culto di Thorke in cambio della liberazione dei suoi amici. Verneris, questo il vero nome di Vernon, sta al gioco e accetta.
Il demone spiega che lui e Fenriss erano esponenti della nobiltà e predicatori del culto di Thorke, ucciso per l’intervento di Harlan. Come raminghi, ovvero viaggiatori del Multiverso, vennero messi al bando, e giurarono vendetta. Verneris, in effetti, non mira a un’alleanza: ha semplicemente attirato Harlan in una micidiale trappola, a cui il Dampyr, da solo, non potrà sfuggire.

Questa seconda parte dell’avventura di Youghal, più incentrata sull’azione della precedente, è raccontata con ritmo veloce e serrato. Alcuni personaggi vengono messi in situazioni limite, faccia a faccia con la morte, e devono fare l’impensabile per sopravvivere: è il caso della dolce e tranquilla Roisin, che deve tirare fuori tutta la cattiveria e la forza di cui è capace. Dall’altro lato spicca l’arroganza del forte, il potente Verneris, che commette il grave errore di sottovalutare i suoi avversari. Nell’ultima parte la storia prende una piega dark fantasy, in cui scopriamo molti aspetti del mondo della Dimesione Oscura. Toccante poi il finale, in cui Maud rivede il suo rapporto con Fred, dopo aver temuto di perderlo, e in cui decide di prendersi cura delle ragazze che tanto hanno sofferto con lei in questa brutta avventura.
Le chine di Genzianella ritraggono efficacemente il mondo da incubo in cui sono precipitati i nostri eroi, popolato dai malvagi adepti di Thorke e da enormi e spaventevoli mostri – come vermi e insettoidi – giunti da altre dimensioni. Una quindicina di tavole sono realizzate da Rubini, che ci delizia con un bellissimo “inserto” con panoramiche della Città Nera, formato da una splash, una doppia splash e una vignetta quadrupla, in cui ammiriamo le stranianti geometrie e le sfuggenti architetture della capitale della Dimensione Oscura (pp.61/64).



Risorse Web:
Scheda di Orrore a Hyde Court
Mauro Boselli su Wikipedia
Nicola Genzianella su Wikipedia
Pagina Facebook di Michele Rubini
Reel con l’inserto sulla Città Nera
Sergio Bonelli Editore
Pagina Facebook di Dampyr

martedì 29 novembre 2022

Dampyr - N.271

Testata: DAMPYR, N.271
Episodio: GLI SPETTRI DI YOUGHAL
Testi: MAURO BOSELLI
Disegni: NICOLA GENZIANELLA
Copertina: ENEA RIBOLDI
Lettering: OMAR TUIS
Pagine: 96
Edizione: BONELLI, 10-2022

L’episodio di ottobre di Dampyr presenta la prima parte di una storia doppia.

Il professor Fred Richards, in vacanza a Youghal, nella contea irlandese di Cork, è al telefono con la medium Maud Nightingale, ricordando i bei vecchi tempi. I due vi erano stati insieme trent’anni prima per indagare sul caso della nave fantasma “Nellie Fleming” e dello spettro del marinaio Joe Buttimer, morto annegato nel 1913: la ricerca fu infruttuosa. Maud accetta l’invito di Fred a raggiungerlo, chiarendo però che sarà solo una rimpatriata tra amici.
Due giorni dopo Maud è all’albergo, ma Fred è scomparso: secondo Watkins, l’albergatore, sarebbe stato sorpreso dall’alta marea mentre passeggiava sul lungomare. La notte, guardando dalla finestra, a Maud sembra di vedere l’amico camminare nella nebbia e si precipita fuori. Mentre sta per essere raggiunto, Fred sparisce nel nulla, poi Maud vede un marinaio, che sembra essere lo spettro di Buttimer. La medium lo segue fino alla spiaggia e, senza rendersene conto, si trova circondata dall’acqua. Per sua fortuna viene appena in tempo tratta in salvo da Watkins. Il giorno seguente Harlan la raggiunge, per affiancarla nelle ricerche.
Location del film Moby Dick del 1956, Youghal aveva conosciuto in quel periodo una stagione fortunata per il turismo, ma nei decenni successivi era stata colpita da una profonda crisi economica. Di recente è arrivato però Vernon, un investitore che sembra voler risollevare le sorti della cittadina, dove ha comprato molti immobili e avviato delle attività. Le indagini di Harlan e Maud sembrano ruotare prorpio attorno a Vernon e alla sede della sua impresa a Hyde Court, un ex convento adibito a scuola dove sono ospitati molti ragazzi della città. Harlan ottiene un appuntamento con l’imprenditore, che però mostra di sapere chi ha davanti e lo fa prigioniero. Maud riesce a raggiungere Harlan intrufolandosi con un gruppo di disabili, accompagnati dall’infermiera Roisin. Liberare i suoi amici sarà impresa ben più difficile, essendo i due chiusi sul fondo di altrettanti pozzi, senza acqua e cibo, se non dei cadaveri messi lì perché cedano al richiamo del cannibalismo.

Boselli intesse una trama molto articolata, sviluppando una storia cupa e sottilmente inquietante, in cui ben tratteggia l’atmosfera di degrado e di abbandono della cittadina spopolata e impoverita. Buona parte dell’episodio mira a far montare l’ansia e la suspense, con allusioni a loschi personaggi, sparizioni di persone e apparizioni di spettri, fino a culminare nella sequenza in cui Harlan risale il pozzo verso la botola, che il lettore non sa se aperta o meno da Maud, la quale intanto cade nelle grinfie di Vernon. Il finale è squisitamente horror, con bambini cannibali spietati e affamati, che si avventano su una povera ragazza.
Genzianella traduce graficamente l’atmosfera da incubo della storia, con paesaggi nebbiosi e talvolta indefiniti, cesellando l’orrore sui volti dei personaggi, soprattutto nelle impagabili espressioni di Maud che trasmettono magistralmente sorpresa, sconcerto, paura, disperazione, disgusto. Se i personaggi umani di solito sono leggermente stilizzati, i mostri vengono resi con fattezze meno nitide, come avvolti nel velo del sogno, e spesso immersi nel buio – di cui probabilmente sono diretta emanazione.



Risorse Web:
Scheda di Gli spettri di Youghal
Mauro Boselli su Wikipedia
Nicola Genzianella su Wikipedia
Sergio Bonelli Editore
Pagina Facebook di Dampyr

sabato 26 novembre 2022

Dylan Dog - N.427

Testata: DYLAN DOG, N.427
Episodio: LA VITA E IL SUO CONTRARIO
Testi: GIGI SIMEONI
Disegni: GIGI SIMEONI
Copertina: GIANLUCA e RAUL CESTARO
Lettering: ALESSANDRA BELLETTI
Pagine: 96
Edizione: BONELLI, 04-2022

L’albo di aprile di Dylan Dog ospita una storia vampiresca, scritta e disegnata da Gigi Simeoni.

Leggendo del ritrovamento di un cadavere mummificato in un’antica cripta a Chelmsford, Dylan Dog nota un curioso particolare: con il corpo c’erano gli appunti di un progetto intitolato Deadly Birth (“Nascita mortale”). Nel suo archivio e all’emeroteca Dylan scopre altri vecchi casi, il più vecchio datato 1888, di cadaveri mummificati collegati a opere i cui titoli mettevano insieme nascita e morte.
Delle indagini sulla mummia di Chelmsford si occupa il sovrintendente Bloch, che viene informato dal medico legale della presenza sul cadavere di un foro che va dal canale auricolare alla giugulare, attraverso cui è stato estratto tutto il sangue mentre l’uomo era ancora in vita.
Nel frattempo Groucho è nel pieno di un’esplosione creativa, e decide di iscriversi a un corso di scrittura. Qui conosce l’affascinante Lucilla Vandermeer, che sembra apprezzare molto le sue battute e la sua creatività. La sera, nella stazione della metropolitana, Lucilla subisce un tentativo di stupro, ma dopo essere fuggita nella galleria della metropolitana, si salva misteriosamente, mentre l’aggressore viene ucciso e appeso al soffitto, per poi essere investito dal treno.
Presi nel vortice di eventi sempre più bizzarri, senza saperlo Dylan, Bloch e Groucho sono diventati i protagonisti dell’ultimo capitolo di un romanzo che viene composto da secoli da una spietata vampira, a cui l’indagatore dell’incubo e il suo assistente, portando avanti le indagini, finiranno pericolosamente vicini.

L’episodio è originale e divertente, trainato da un Groucho scatenato, che dà alla storia un taglio tragicomico. Impagabili le le sue contintue gag, come: «L’ossimoro è l’accostamento di parole di significato opposto: “felicemente” e “sposati”, “buon” e “avvocato”…», e via di seguito su questo tono.
Interessante il personaggio della vampira, di cui dice molto il romanzo che sta scrivendo: «La storia di una ragazza ingenua che scopre la libertà data dalla conoscenza… e giura a se stessa di non morire mai finché non avrà in sé tutto il sapere dell’umanità». Un’intrigrante motivazione per l’immortalità… peccato poi sia sbugiardata da Dylan che ne svela l’arroganza e la vanità. Esilarante poi il grottesco personaggio di Havilland, il presuntuoso maestro del corso di scrittura, una delle diverse stoccate dell’autore a un certo modo di far soldi sulla pelle degli aspiranti scrittori.
I disegni sono dettagliati e la regia accurata, a volta con inquadrature strettissime che esaltano la drammaticità di alcuni passaggi, come primi piani e tagli di occhi in allarme. Cifra tipica dell’albo è la suddivisione ricorrente della tavola in quattro righe, di cui due strette e lunghe, a dare risalto a determinati particolari: il Maggiolone, dei piedi in corsa, un telefono. Simeoni si scatena graficamente nel finale: dopo un viaggio interdimensionale di Dylan mostrato sotto lenti deformanti, veniamo portati nell’antro della vampira, il cui centro è un leggio con il grosso libro circondato da ghirigori di un inchiostro hitchcockianamente nero sangue.

Risorse Web:
Sito ufficiale di Simeoni
Gigi Simeoni su Wikipedia
Scheda di La vita e il suo contrario
Sergio Bonelli Editore
Pagina Facebook di Dylan Dog

martedì 22 novembre 2022

Dampyr on the screen: intervista a Riccardo Chemello

In occasione dell’incontro di lunedì 14 novembre presso la Feltrinelli di Milano, abbiamo scambiato due chiacchiere con Riccardo Chemello, regista di Dampyr, opera prima della neonata Bonelli Entertainment. Anche Riccardo è qui all’esordio, trattandosi del suo primo lungometraggio a soggetto, ma ha alle spalle una lunga esperienza di regista di video di parkour e sport freestyle, oltre che di importanti spot pubblicitari.

Allora, Riccardo, siete soddisfatti della riuscita del film? Cambieresti qualcosa con il senno di poi?

No, siamo supersoddisfatti. Questo è il “progetto zero” della Bonelli, che serve a noi, all’azienda e ai produttori per entrare in questo business. È una grande palestra che ci permetterà in futuro di eccellere ancora di più. Quindi non cambierei niente, anche perché il nostro obiettivo era di mostrare questo film in tutto il mondo e uno dei più grandi passi è stata la vendita a una major, la Sony. Lo abbiamo venduto, mesi fa, molto prima che il film uscisse: per noi è stato il coronamento del progetto, perché questo è un film che parte dall’Italia, ma che ha un respiro internazionale e l’ambizione di andare negli Stati Uniti, in America latina, in tutti i paesi del mondo. E grazie a Sony, con la loro distribuzione, sarà possibile.

Abbiamo sentito in qualche dichiarazione delle difficoltà incontrate dagli interpreti nelle scene un po’ più fisiche. Puoi garantirci che nessun attore è stato maltrattato durante le riprese del film?
Ma no [ride, ndr]! Siamo una produzione di alto livello, in cui c’è uno standard qualitativo impeccabile da rispettare. No, assolutamente! Poi diciamo che gli attori sono tutti dei professionisti iper-allenati, ognuno ha lo stunt double per le scene più rischiose, c’è uno stunt coordinator di importanza internazionale. No, è un film che rispetta tutti gli standard qualitativi. Stiamo parlando della Eagle Pictures, una delle case di produzione più importanti in Italia e nel mondo!

Siamo sollevati! Tornando seri: ho trovato molto riuscite le scene in diurna, come ad esempio quella bellissima iniziale, in cui siamo trascinati nel paese di Yorvolak, e anche la scena del finto esorcismo di Harlan nel villaggio di Iostamira, in cui si accenna anche al folklore, che è un elemento del fumetto di Dampyr. Ci racconti qualcosa di questa location e delle riprese di questa sequenza?
Sappiamo che Dampyr vive ed è ambientato in quel contesto. È quello che ci serviva in quella prima fase: un contesto folkloristico, un ambiente abbandonato e isolato, diverso rispetto a quello della seconda parte del film. Quindi abbiamo speso molto tempo e risorse per cercare paesini veri e abbandonati. Pensate che Yorvolak in realtà si chiama Dacia, è un paesino quasi tutto di etnia Rom, dove avevamo il traduttore tra la loro lingua e il rumeno, e tra rumeno e inglese/italiano. Siamo andati proprio a immergerci in questo tipo di contesto. E siamo fieri del risultato, anche se ci ha richiesto un sacco di tempo.

Su internet si è un po’ scatenato un sorta di “Toto-Maestro” attorno al libro che Harlan trova alla fine del film. Vi abbiamo riconosciuto Draka e Amber. Qualcuno ha intravisto tra gli altri maestri Nergal, Vlatna, Erlik-Khan…
I disegni sono stati fatti da Majo. Chi c’è lì, lo capirete meglio quando uscirà in streaming. Io purtroppo non vi posso dire più di quello che avete già visto voi… mi dispiace!

Ora siamo alla Sony. Quali sono i prossimi passi del film?
Il prossimo passo è di uscire dall’Italia. Lo scopo è la distribuzione in tutto il mondo. Probabilmente in alcuni paesi andrà direttamente su piattaforma, in altri avrà una distribuzione cinematografica. Adesso non lo sappiamo ancora con precisione. D’altra parte ricevo informazioni, ma non sono io che ho il controllo di questa cosa: per adesso sappiamo che si sta costruendo tutto l’impianto. Le notizie le troverete poi probabilmente nelle testate quando saranno ufficiali.

A prescindere dalle trasposizioni – non vogliamo scucirti indiscrezioni – c’è oltre a quella delle origini una storia di Dampyr che ti ha colpito particolarmente?
Sì, certo! C’è Transylvanian Express: amo quella storia di ritorno alle origini. Poi mi piacciono molto I lupi mannari, uno spin-off su Draka, il numero 100 [Il re del mondo, ndr] e il numero 200 [La legione di Harlan Draka, ndr]. Ci sono ancora Sotto il ponte di pietra, le storie e i flash-back di Tesla a Berlino. Mi piacciono molto gli episodi di Lord Marsden, il Maestro di Londra. E c’è poi tutto il filone di Nergal e Praga: forse queste sono le più affascinanti.

La nostra domanda di rito per concludere: qual è il tuo primo incontro con il vampiro?
Si chiama Bram Stoker. Quand’ero piccolino, da bambino, avevo letto questo libro e me ne pentii, perché non dormii per tutta la notte [ride, ndr]! Ce l’avevo lì, non so se era di mio papà o di mio fratello, più grande di me. Pensa che l’avevo letto e avevo avuto paura, per cui lo abbandonai: avrò avuto dieci anni e non dovevo leggerlo! Rifeci poi lo stesso errore leggendo L’esorcista. Li abbandonai là dopo le prime cinquanta sessanta pagine. Poi li ho ripresi alla fine della scuola media. Forse Bram Stoker è il libro di vampiri più bello che abbia mai letto in vita mia. Ne ho un ricordo magnifico: è stato il mio primo e il più bello.

Abbiamo gusti simili, devo dire. Grazie, Riccardo, e speriamo di risentirci presto per il sequel. Ad maiora!




Risorse Web:
Sito ufficiale di Riccardo Chemello
Canale Youtube di Riccardo Chemello
Il trailer ufficiale del film
Pagina Facebook del film
Bonelli Entertainment
 

domenica 20 novembre 2022

Dampyr alla Feltrinelli di Milano

A distanza di un paio di settimane dall’uscita del film e in occasione della riedizione di Il figlio del diavolo in un volume con un ricco apparato dedicato alla pellicola, si è tenuto alla Feltrinelli di piazza Piemonte a Milano un incontro con i creatori di Dampyr: lo sceneggiatore e co-creatore del personaggio Mauro Boselli, i disegnatori Nicola Genzianella e Majo, il regista Riccardo Chemello, gli sceneggiatori Mauro Uzzeo, Alberto Ostini e Giovanni Masi.
In un’atmosfera festosa, nella consapevolezza dell’importanza di questo passaggio storico per la Bonelli, l’evento è condotto briosamente da Uzzeo, che modera la discussione, intervallata dalle proiezioni del trailer e di un documentario sul making of.

Mauro Boselli trova che il film sia un’opera eccezionale, che conserva lo spirito dei personaggi e della storia: nel guardarlo confessa di essersi commosso. La Bonelli Entertainment è partita con Dampyr per una questione di diritti, già a disposizione dell’editore, ma anche perché è una storia di formazione iconica (l’eroe si scopre tale durante la storia) e perché i primi due albi si prestavano bene a una trasposizione cinematografica. Boselli e Maurizio Colombo, co-autore del soggetto, discussero a lungo della sceneggiatura con Andrea Sgaravatti, uno dei produttori. Poi Boselli si occupò del trattamento e venne girato il primo trailer promozionale, che venne montato dallo stesso Colombo.
La parte del film che Boselli preferisce è quella iniziale, la più realistica, in cui a suo avviso Chemello ha espresso pienamente la sua poetica del reale. Anzi, argomenta ancora Boselli, il film è meno crudo e horror del fumetto, è una versione un pochino edulcorata, più avventurosa e fantasy, che forse Sergio Bonelli avrebbe apprezzato più del fumetto stesso.

Riccardo Chemello racconta che venne folgorato da ragazzo dal film Yamakasi prodotto da Luc Besson e iniziò a praticare il parkour. Diventò così filmaker di video di questo sport e in seguito di spot pubblicitari. Fu catapultato nel mondo di Dampyr nel 2018, quando fu contattato da Sgaravatti: vide il pitch (una breve presentazione realizzata dal produttore), lesse i primi due albi e se ne innamorò, decidendo di tuffarsi nel progetto. Leggendo poi gli albi successivi trovò una «base di partenza stellare» su cui poter creare uno storyboard e un buon addattamento visivo.
Una delle sfide più eccitanti del film è stata per lui quella del setting, cioè trovare le location: dopo molto tempo speso infruttuosamente in Serbia, si optò per la Romania, e in particolare fu scelto come set di Yorvolak un paesino di etnia Rom nel cuore della Transilvania. Questa affannosa ricerca era necessaria per una precisa scelta del regista, che non voleva usare blue screen o green screen, perché questa modalità di ripresa richiede agli attori uno sforzo di immaginazione che, a suo avviso, rovina l’interpretazione. Era importante, per Chemello, che gli attori «sentissero il profumo della storia».

Majo considera una fortuna aver potuto lavorare sui personaggi di Dampyr fin dalla loro nascita, mentre in Tex ha fatto più fatica, essendo un personaggio già esistente. Vedere in carne e ossa i suoi disegni e i suoi personaggi lo ha emozionato: ha ritrovato sullo schermo le scene che aveva immaginato nella mente prima di tradurle in disegni.
Ricorda Boselli che Stuart Martin ha dichiarato di essersi ispirato, per il personaggio di Kurjak, alle facce e alle inquadrature che Majo realizzò per i primi piani del fumetto. Majo è anche autore delle immagini del libro che Harlan scopre alla fine del film.

Nicola Genzianella, tra gli autori più longevi di Dampyr, dichiara di voler proseguire felicemente la convivenza più che ventennale con i suoi personaggi, poiché si diverte sempre molto a «farli recitare». Ciò non toglie le difficoltà del suo lavoro, che richiede una grande documentazione, come ad esempio nella realizzazione grafica del villaggio di Lukomir nella saga Le origini. L’artista ha molto apprezzato l’interpretazione che ha dato Stuart Martin di Kurjak, anticipando che potrebbe trarne ispirazione per la futura realizzazione grafica del personaggio.

Secondo Alberto Ostini, Dampyr è un film sulla ricerca dell’identità, da parte di Harlan e di Kurjak, e di un’umanità perduta da parte di Tesla. Per la trama gli sceneggiatori hanno cercato di cambiare il meno possibile la storia originale, più che altro attualizzandola, visto che sono passati vent’anni dall’uscita del primo volume a fumetti.

Giovanni Masi considera i primi due numeri di Dampyr una origin story perfetta. Il difficile, per il lavoro di sceneggiatura, è stato più che altro il linguaggio, perché il cinema negli ultimi vent’anni è cambiato molto. Il lavoro di adattamento, comunque, si è svolto in uno spirito di fedeltà ai personaggi originali, cercado di «mantenere il cuore». Anche perché, scherza Masi, altrimenti c’era Boselli che li bacchettava e li riportava sui binari… ma con «garbo e buone maniere»!

Mauro Uzzeo conclude l’incontro ricordando l’emozione di aver scritto la scena in cui Harlan si taglia la mano e fa scorrere il sangue sui proiettili. In quel momento si è detto: «Ehi, stiamo proprio facendo Dampyr!».

E noi ci auguriamo che quest’ottima squadra metta presto mano a un secondo capitolo, per il quale si vocifera già di possibili location e antagonisti…




Risorse Web:
Pagina dell’evento su SergioBonelli.it
Scheda del volume Il figlio del diavolo
Mauro Boselli su Wikipedia
Majo su Wikipedia
Nicola Genzianella su Wikipedia
Canale Youtube di Riccardo Chemello
Mauro Uzzeo su Wikipedia
Alberto Ostini su Wikipedia
Giovanni Masi su Bao Publishing
Sergio Bonelli Editore
Pagina Facebook del film

giovedì 17 novembre 2022

Fumetto e cinema in 3D: Diabolik, Dampyr, Don Camillo

La scorsa domenica, 13 novembre, si è tenuto a Galliate, nella meravigliosa cornice del Castello Visconteo Sforzesco, l’interessante incontro “Fumetto e cinema in 3D: Diabolik, Dampyr, Don Camillo”, a chiusura della rassegna “Dreaming. Il fumetto sul grande schermo”, accompagnata da una mostra in cui erano esposte, tra numerose opere e vetrine, sette tavole dello storyboard di Dampyr.
Presentato dall’illustratore Bruno Testa e moderato dallo sceneggiatore e youtuber Ivan Pelizzari (autore di varie interviste allo staff del film di Dampyr), l’evento ha visto gli interventi di Davide Barzi, scrittore e autore per varie testate, tra cui Martin Mystère e Dampyr (N.262), e di Cristiano Spadavecchia, disegnatore e storyboard artist del film di Dampyr. Avrebbe dovuto essere presente anche Daniele Statella, putroppo impossibilitato per problemi personali.

Barzi, autore di un volume biografico sulle sorelle Giussani dal titolo Le regine del terrore (pubblicato da Editoriale Cosmo / Nona Arte nel 2019), ha trattato in particolare Diabolik, della cui nascita ha rivelato qualche retroscena (materiale del capitolo “cose da non fare” nei suoi corsi di sceneggiatura, come ad esempio pubblicare un numero uno senza aver pronto il due!), e di cui un nuovo film è in uscita in sala in questi giorni. Si è passato quindi ai fumetti di Don Camillo, dei quali Barzi scrive le sceneggiature per i tipi della ReNoir Comics: in particolare l’autore ha messo qui in luce i rapporti e le differenze tra i racconti di Guareschi, i film e i graphic novel.

La parola passa a Spadavecchia, che ha spiegato il suo lavoro per Dampyr. Come normalmente avviene, anche in questo caso lo storyboard è stato realizzato in anticipo rispetto al piano di lavorazione delle riprese, permettendo così al regista di supportare la stesura dello stesso.

Spadavecchia è disegnatore per la Bonelli, ma ha anche esperienza nel settore cinematografico come storyboarder, per cui è risultato la persona più indicata per questo compito. Inoltre, non essendo un disegnatore di Dampyr, ha potuto fornire al regista una chiave di lettura visiva diversa rispetto ai colleghi che maneggiano quotidianamente il personaggio.
Lo storyboard per un film, continua l’artista, si discosta dalle tavole di un fumetto perché non necessita di effetti sonori, di movimenti, e di colori (se il fumetto è in bianco e nero).
Quasi tutto lo storyboard è stato trasposto in immagini ed è finito nella versione finale del film, tranne pochissime scene tagliate, che potrebbero migrare nel sequel. Ci sono state comunque piccole modifiche, come movimenti che qualche attore non è riuscito a riprodurre o riprese più larghe, ma nulla più che piccoli aggiustamenti registici. Spadavecchia ha quindi avuto una certa libertà, mentre la sceneggiatura è stata attentamente controllata dalla Bonelli, e ne sono state redatte parecchie stesure.
L’artista ha realizzato da solo lo storyboard per Dampyr, mentre ha lavorato con altri cinque sei colleghi per il cartone animato di Dragonero. Questo perché per i film basta una tavola ogni dieci secondi circa, mentre per i cartoon sono necessari molti più disegni, poiché per questi lo storyboard deve essere molto più vicino alla resa finale.

Ad arricchire gli interventi sono stati proposti due video. Un primo contributo è arrivato da uno dei curatori degli effetti speciali di Diabolik – Ginko all'attacco!, per il quale, al contrario di Dampyr, sono state effettuate molte riprese su green screen ed è stata necessario un massiccio lavoro di post-produzione al computer.
Per Dampyr è stato proiettato un documentario, di sette otto minuti, con il dietro le quinte e stralci di interviste agli interpreti e ai produttori. Una vera chicca che ci ha deliziato con scene inedite, con i set e il regista all’opera, e che potrebbere diventare un contenuto extra del dvd che verrà.


Risorse Web:
Biografia di Cristiano Spadavecchia su SergioBonelli.it
Biografia di Davide Barzi su SergioBonelli.it
Canale YouTube di Ivan Pelizzari
Pagina LinkedIN di Bruno Testa

sabato 12 novembre 2022

Dampyr - N.270

Testata: DAMPYR, N.270
Episodio: KILLER HOSPITAL
Testi: ANDREA CAVALETTO
Disegni: FABIANO AMBU
Copertina: ENEA RIBOLDI
Lettering: LUCA CORDA
Pagine: 96
Edizione: BONELLI, 09-2022

Mosca, 2017. Nel parco dell’ospedale abbandonato di Hovrino viene ritrovato il corpo dissanguato di uno skater, ucciso mentre girava dei video per internet. Tra i suoi amici dispersi c’è Katja, la figlia di una vecchia fiamma di Ringo Ravetch, il quale aveva promesso di badare a lei. Ringo, trafficante di armi ma anche corrispondente di Caleb, comunica la notizia, e i nostri tre cacciatori in breve lo raggiungono, sospettando la presenza di un branco di non-morti. Harlan, Tesla e Kurjak, guidati dal Ravetch, si ritrovano davanti a un mostro di cemento, che è luogo di sparizioni, delitti e suicidi, e anche una piazza di spaccio, dove la polizia evita di mettere piede.
Esplorando l’edificio, i nostri vi trovano le tracce di riti satanici, collegati a tale Club Nimostor. Poi si imbattono in Raf, cavia di spietati esperimenti nei laboratori della Temsek, da cui questi fuggì grazie a un intervento di Harlan e soci nel 2009. Raf, apparentemente delirante, dice loro della presenza degli upyr, vampiri in cui ben presto i nostri si imbattono mentre attaccano un gruppo di mafiosi della kombinatzjia. L’intervento dei nostri nello scontro libera Oleg, un affiliato che, dopo uno sgarro al suo boss, stava per essere giustiziato.

La ricerca continua, così, con l’aiuto del recalcitrante Oleg, che sembra ben informato sulle pratiche della setta e su cosa accada in quel luogo.
Raggiunto finalmente il famigerato quinto piano, tra varie vicissitudini, i nostri eroi ritroveranno Katja e, grazie anche all’aiuto di Raf, potranno affrontare i folli adepti della setta e lo spaventoso Nimostor.

Con questa sua prima storia di Dampyr, Cavaletto ci porta nel mondo fosco di un edificio che è ben più di un ambiente, risultando di per sé un vero e proprio personaggio. Orrendo mostro dell’architettura comunista sorto su un cimitero militare, con sotterranei allagati da un’acqua rossastra come sangue, il Killer Hospital attira, ingurgita e assorbe le vite dei disadattati, dei disperati, dei criminali, di chi cerca avventure ed emozioni facili, ma che vi trova la morte o la perdizione. Il tema satanista, già sviluppato dall’autore in particolare nel fumetto underground Paranoid Boyd, ritorna qui con il culto di Nimostor, che è sì uno dei Grandi Antichi dimenticati sulla Terra, ma al tempo stesso è l’anima stessa dell’ospedale, sorta di genius loci votato al male.
Nell’atmosfera claustrofobica di questo luogo infernale, Cavaletto ritrae un’umanità folle e senza speranza, che ha perso i suoi punti di riferimento e i suoi ideali, ormai condannata al nichilismo e all’autodistruzione.

Disegni cupi e pieni di ombre, quelli di Fabiano Ambu. I volti dai tratti decisi e spigolosi dei personaggi ben esprimono l’angoscia e la follia calamitate e amplificate dal luogo. Ambu si dimostra grande maestro nel ritrarre architetture stranianti, negli esterni come negli interni: l’edificio in rovina diventa un labirinto dell’anima, popolato da mostri infernali, tra terribili cenobiti e inquietanti zombi.



Risorse Web:
Scheda di Killer Hospital
Andrea Cavaletto su Wikipedia
Pagina Facebook di Andrea Cavaletto
Sito web di Fabiano Ambu
Pagina Facebook di Fabiano Ambu
Sergio Bonelli Editore
Pagina Facebook di Dampyr

sabato 5 novembre 2022

Nosferatu, Cabaret dell’Orrore

Titolo: NOSFERATU, CABARET DELL’ORRORE – MUSICAL SUPERDRAMA
Testi: KJ LUKER, JON KELLAM, BERNADETTE SULLIVAN
Regia: JON KELLAM
Musiche: S. LORI, M. CASELLE, G. SAVI
Interpreti: UTKA NEHUEN (Nosferatu), NOEMI GARBO (Mina)
Produzione: COMPAGNIA BIT
Distrib.: PALCO5, AMICI DELLA MAGIA
Uscita: 29,30,31-10-2022

Nel weekend di Halloween, al teatro Juvarra di Torino si tiene la rappresentazione Nosferatu, Cabaret dell’Orrore, un “Musical Superdrama”. Lo spettacolo, prodotto dalla Compagnia BIT di Torino e diretto da Jon Kellam, con musiche originali di Stefano Lori, Marco Caselle e Gianluca Savia, è qui alla sua prima nazionale, con cinque repliche in programma tra 29, 30 e 31 ottobre. È un “evento immersivo”, che mette in scena l’ultima fase della vita di Murnau, con episodi alternati a scene del film riproposte in chiave comico-musicale.

La serata del 31 inizia in una prima sala con il pre-show di un burattinaio incappucciato che fa danzare e suonare il violino a uno scheletrino. A questo punto tre figure femminili e un uomo con cerone e vestiti anni Venti prendono a girare in sala fissando gli astanti, con movenze sinuose e inquietanti. Poco alla volta si stringono attorno a una donna con le mani legate, che prende a dimenarsi sul pavimento, fino ad abbandonarsi alla finale sottomissione. Abbiamo assistito a un atto di vampirismo? La domanda aleggia senza risposta nella sala mentre il pubblico accede al teatro.

Al Cafè Fini, Renfield, il mangiatore d’insetti che ora si spaccia per il produttore americano Fox, dà il benvenuto al pubblico, presentando Lucy, il regista Murnau e il suo amato Hans. Sopraggiunge la poetessa prussiana Elsa Lasker-Schüler, bizzarramente truccata, che balla e canta una canzone, finché le dà il cambio Lucy. Più dietro Nosferatu si esibisce in una danza meccanica che sembra guidare a distanza i gesti di Lucy, che alla fine si abbandona tra le sue braccia come una bambola rotta, offrendo il collo al morso del vampiro.

Le riprese di Jonathan che informa la fidanzata Mina della sua imminente partenza per un importante affare sui Carpazi, vengono fermate da Murnau, che si è ritrovato suo malgrado a girare la scena di un musical. Il sabotaggio è opera del produttore Fox/Renfield, il quale vorrebbe un «film americano». I dialoghi surreali tra i due vengono soppiantati da un gioco di ombre partito con l’irruzione di Nosferatu: «Creare ombre è più importante che creare luce», afferma Murnau.
Mentre la dottoressa Van Helsing assiste Mina, vittima di orribili incubi, Jonathan è nel castello di Dracula, seduto a una tavola imbandita. Viene raggiunto alle spalle da Nosferatu, che gli impone di bere vino e si avventa su di lui a succhiarne il sangue da un taglio.
La partenza per la guerra di Hans cambia per sempre la vita di Murnau ed Elsa. Ma il film deve continuare. Nosferatu si reca da Mina per parlarle della caducità della vita («la morte non è tutto, è ancora più crudele non poter morire») e invitarla, invano, ad andare con lui, mentre la Van Helsing è con un Jonathan terrorizzato al castello a dar la caccia al vampiro, la cui bara risulta vuota. Nosferatu intanto si avvinghia al collo di Mina, e quando fa per staccarsi viene da lei trattenuto. Il vampiro cede all’invito ma viene sorpreso dal canto del gallo. Lo vediamo strisciare sul palco, giù sulle scale, in platea e infine verso l’uscita della sala.

L’opera di Kellam e soci non si propone come fedele rappresentazione della vicenda di Murnau o di brani del film, quanto piuttosto come commedia musicale con tratti farseschi. Il punto è: una storia come quella di Nosferatu si presta a questo tipo di trattamento? A onor del vero, la risposta del pubblico è positiva, come dimostrano gli applausi e le frequenti risate alle battute e agli sfottò rivolti a qualche spettatore. La vicenda di Murnau, però, è soffocata dagli episodi del film, che hanno più spazio e risultano visivamente più forti, e se ne smarrisce un po’ il senso. E, nonostante si tratti di una commedia, le scene più riuscite sono quelle dai toni più drammatici, in particolare quella del confronto tra Nosferatu e Murnau, impreziosita da un bel gioco d’ombre, e quella della seduzione/sottomissione di Lucy, forte di una riuscita coreografia.
Nosferatu, Cabaret dell’Orrore è comunque una piccola e meritoria produzione, che propone una lettura diversa dell’immortale pellicola di Murnau, arricchendola con episodi biografici del regista, che possono fornire una chiave di interpretazione del film, ma nel segno di un divertito intrattenimento.

IL CAST
Utka Nehuen Bay Gavuzzo: Nosferatu
Noemi Garbo: Mina Harker (l’angelo)
Ginevra Scaglia: Dr. Van Helsing
Viola Zangirolami: Elsa Lasker-Schüler
Maurizio Misceo: Jonathan Harker, Hans Ehrenbaum Degele
Alberto Barbi: Renfield, William Fox
Marco Caselle / Spyros Patros: Murnau
Emanuela Collura: Lucy (city girl)


Risorse Web:
Pagina Facebook di Compagnia BIT
Sito ufficiale di Compagnia BIT
Pagina Facebook di Palco5
Sito ufficiale di Palco5
Scheda di Nosferatu su Palco5.net
Pagina Facebook del Circolo Amici della Magia di Torino

sabato 29 ottobre 2022

Dampyr

Titolo: DAMPYR
Regia: RICCARDO CHEMELLO
Soggetto: M. BOSELLI, M. COLOMBO
Sceneggiatura: M. BOSELLI, G. MASI, A. OSTINI, M. UZZEO
Interpreti: WADE BRIGGS (Harlan), STUART MARTIN (Kurjak), FRIDA GUSTAVSSON (Tesla)
Durata, Col., Orig.: 120’, C, ITA
Produzione: BONELLI ENTERTAINMENT, EAGLE PICTURES, BRANDON BOX
Uscita: 28-10-2022

È uscito ieri nelle sale italiane Dampyr, film tratto dai primi due episodi della serie e prima produzione della Bonelli Entertainment.

Nella prima giornata di programmazione, il 28 ottobre, trecento sale italiane si collegano in diretta con il red carpet a Lucca, dove ha luogo la prima presenziata dal cast e presentata dal trio Medusa. Vengono intervistati i produttori Sgaravatti, Masiero, Sarno, Proia, gli attori Martin Stuart, Luke Roberts (Draka), David Morrissey (Gorka, il Governatore di The Walking Dead), e il regista Riccardo Chemello, qui al suo esordio alla regia.
Dopo i circa quarantacinque minuti della presentazione, parte la logo animation del nuovo brand Bonelli Entertainment: è la nascita di qualcosa di nuovo, nel segno del fumetto e del cinema italiano. Ed ecco, finalmente, il film.

Una donna sta partorendo tra grandi sofferenze, assistita da tre anziane, mentre il padre sta galoppando di gran carriera per raggiungere la casa. È evidentemente un uomo potente e pericoloso, perché le tre Guardiane lo tengono fuori con la magia. Il bambino, Harlan, viene alla luce, ma il parto uccide la madre. Il cavaliere Draka, tenuto a distanza, deve accontentarsi di vedere il figlio da lontano, senza poterlo abbracciare.

Sulle note di Walk on the Wild Side di Lou Reed, l’azione si sposta nei Balcani, nell’anno 1992. Una milizia dell’esercito, guidata dal comandante Kurjak, giunge al villaggio di Yorvolak, dove ha l’ordine di tenere la posizione. Il paese è spettrale e sembra siano tutti morti, nella chiesa c’è un’impressionante massa di cadaveri lacerati da orribili ferite. Un vecchio, unico sopravvissuto del villaggio, dice che è opera del diavolo e che l’unico a poterli salvare è il Dampyr. Il soldato Lazar sembra sapere di chi parli l’uomo e quando, la sera, molti commilitoni vengono uccisi da misteriosi nemici, Kurjak lo manda a prendere il Dampyr.
Quando Lazar li raggiunge, Harlan Draka e il giovane Yuri sono impegnati in una truffaldina attività di “disinfestazione” dai vampiri nei villaggi del circondario: è Harlan il famigerato Dampyr, cioè figlio di un vampiro e un’umana, l’unico in grado di uccidere i succhiasangue.

Suo malgrado, Harlan viene coinvolto nella battaglia che sta avendo luogo a Yorvolak. Lasciato all’aperto durante la notte, si trova ad affrontare dei veri vampiri e scopre di avere realmente il potere di ucciderli, riuscendo pure a fare prigioniera una di loro, la bionda Tesla.
Il vero nemico, però, muove i fili da lontano e vede tutto attraverso gli occhi della vampira. È il potente Gorka, il Maestro della Notte a cui appartiene il branco di vampiri e a cui Tesla vorrebbe ribellarsi.
Molti cadranno sotto gli artigli di Gorka e altri diventeranno suoi schiavi non-morti, mentre Harlan, Kurjak e Tesla formeranno un’improbabile squadra in un epico scontro finale nella biblioteca della città di Sarajevo, l’inizio di una lunga guerra tra vampiri e umani.

La dinamica regia di Chemello dà subito ritmo al film, veloce già nel prologo dal grande impatto visivo, che mostra lo scontro tra le Guardiane, che proteggono la casa in cui nasce Harlan in una magica bolla blu, e un impotente Draka avvolto da un vortice rosso fiamma. L’ambientazione balcanica risulta suggestiva e convincente in virtù della scelta di vere location in Romania (poco è dovuto agli effetti speciali e alle riprese in un teatro di posa), e mostra un clima di desolazione tipico di una zona di guerra, di cui non vengono nascosti vittime e orrori.
Non manca una parentesi comica, quando Harlan finge di esorcizzare con un improbabile latino il cimitero del villaggio di Iostamira, dove possiamo ammirare l’umanità locale, vestita di abiti campagnoli antiquati e dai mille colori.
La fotografia è plumbea nelle scene notturne, nitida e luminosa nelle scene diurne. Interessante in generale la scelta dei colori e di certi ambienti, che assume particolare significato quando Harlan attraversa una strettoia uterina verso un cunicolo dalla luce rossastra per raggiungere Gorka, che sembra alludere alla sua rinascita come eroe e paladino del Bene.

Gli attori sono tutti ben calati nelle rispettive parti, e particolarmente convicenti sono le interpretazioni di Stuart Martin e Frida Gustavsson.
Considerando la fedeltà al fumetto, il film non potrà non trovare l’approvazione dei lettori della serie, ma per le sue qualità piacerà senz’altro a tutti gli estimatori del cinema horror e fantastico.
Dampyr, infatti, si rivela un ottimo film, ben girato, con una storia solida e (cinematograficamente) originale, che va ben oltre il solito cine-fumetto tutto effetti speciali.
Questo è l’inizio di una nuova grande avventura della Bonelli, ma anche la rinascita del grande horror italiano.






Risorse Web:
Scheda di Dampyr su IMDB.com
Scheda di Dampyr su Wikipedia
Bonelli Entertainment
Sergio Bonelli Editore
Pagina Facebook di Dampyr
Pagina Facebook del film