sabato 24 luglio 2010

Il Vampiro della Laguna

Collana: NATIONAL GEOGRAPHIC VIDEO, N.89
Titolo: IL VAMPIRO DELLA LAGUNA
Regia: GARETH HARVEY
Testi: GARETH HARVEY, MAX SALOMON
Durata, Col., Anno: 50’, C, 2010
Il dvd di luglio del National Geographic, disponibile in tutte le edicole, propone un documentario, dal titolo “Il Vampiro della Laguna”, sul ritrovamento di un presunto vampiro nel lazzaretto di una delle isole esterne a Venezia.

Nell’agosto 2006, scavando in una fossa comune del XVI secolo, tra i corpi delle vittime della peste, un’équipe di archeologi fa un ritrovamento decisamente inconsueto: un cranio, con un mattone infilato tra le mascelle. Secondo l’antropologo forense Matteo Borrini apparteneva ad un vampiro.
Nel documentario vengono descritti i test a cui sono sottoposti i resti del corpo. La tomografia ad alta definizione rivela che il mattone è stato inserito post mortem. Borrini si mette alla ricerca di informazioni sul rito che potrebbe essere stato praticato sul cadavere. Si imbatte, così, tra le pagine del trattato di Dom Augustin Calmet sugli spiriti e i redivivi d’Ungheria, in una pratica apotropaica, ripresa dalla Dissertatio historico-philosophica de masticatione mortuorum di Philip Rohr: secondo una credenza diffusa all’epoca in Germania, per uccidere un non-morto (per la precisione un nachzehrer, antenato del vampiro) bisogna conficcargli una pietra in bocca. Nel 1575 un quarto della popolazione della città venne ucciso dalla peste: è possibile che il presunto vampiro possa essere stato incolpato della pestilenza.
Con le indagini delle scienze forensi, avvalendosi della collaborazione di vari ricercatori e scienziati dell’Università di Tor Vergata e dell’Università di Pisa, Borrini ricostruisce la vita del soggetto: era una donna di razza europea, in tutto simile al resto della popolazione veneziana; la sua alimentazione prevalentemente vegetariana indica che era povera; morì a 61-71 anni, un’età ben al di sopra della media dell’epoca, cosa che avrebbe potuto originare sospetti nei veneziani, che forse la giudicarono una strega.
A questo punto si passa alla ricostruzione del volto della donna: con uno scanner laser si registrano i dettagli del cranio e a partire dal modello 3D viene effettuata una stampa tridimensionale. La vampira ha finalmente un volto.

Per chi è legato alla figura romantica del vampiro, probabilmente questo documentario non è tra le visioni più indicate. Qui, infatti, l’attenzione si concentra sul vampiro del folklore: un cadavere redivivo, di umili natali, portatore di peste. O meglio, su uno in particolare: il vampiro di Venezia… se di vampiro si può parlare. Le ricerche effettuate da Borrini, purtroppo, non permettono di stabilire con certezza se il corpo ritrovato fosse considerato dai veneziani dell’epoca un non-morto, una strega o qualcos’altro. La narrazione, infatti, si concentra per lo più sulle analisi chimico-fisiche e anatomiche, e non viene molto approfondito l’aspetto del folklore, delle credenze superstiziose e magiche della gente del XVI secolo, che forse avrebbe permesso una maggior comprensione di quanto accaduto al cadavere del lazzaretto. Lo stesso ritrovamento di due vaghi, grani di un rosario rinvenuti accanto al corpo, viene citato solo di sfuggita. In effetti, questo particolare avrebbe potuto fornire qualche indizio interessante, dal momento che ricorda fin troppo l’usanza di gettare nella tomba dei cadaveri “sospetti” semi di papavero, fiori di biancospino, grani di miglio o reti da pesca da sbrogliare.
La testimonianza risulta comunque interessante, dato che probabilmente siamo davanti al primo ritrovamento associabile ad una pratica anti-vampiro in Italia. Viene da chiedersi come mai su un corpo sepolto nel territorio veneziano sia stata effettuata una pratica in uso soprattutto nella Germania e nell’Europa centrale. Forse non era la “vampira” ad essere straniera, ma chi praticò il rito. D’altra parte, la presenza di stranieri era una costante in un un crocevia internazionale come Venezia.

Risorse Web:
National Geographic Italia
 

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