giovedì 22 dicembre 2022

Dampyr in carne e ossa: intervista a Mauro Boselli

Il nostro lungo “Speciale Dampyr” dedicato al film, uscito in sala in 28 ottobre, non poteva che concludersi con un’intervista al co-creatore del personaggio e della sua saga: Mauro Boselli.

In un tuo recente intervento hai definito il film di Dampyr come «un’opera eccezionale», all’altezza delle tue aspettative. Che sensazioni ti ha dato vedere sullo schermo i personaggi ideati da te e da Maurizio Colombo?

Innanzi tutto «eccezionale» significa anche che è un’opera al di fuori degli schemi nel panorama attuale del cinema italiano, perché è un film di genere, un film d’azione, un film horror-fantasy di cui non abbiamo altri esempi al momento. È chiaro che si colloca nella tradizione del cinema horror italiano, nel solco dei capolavori di Bava e di Argento. Però è anche altro, qualcosa di al di fuori della nazionalità. Chemello ha fatto un lavoro assolutamente moderno, un film di cui appunto non traspare la nazionalità, potrebbe perfino essere balcanica, in virtù dei personaggi della storia. E questo è sorprendente. L’atmosfera del luogo – il genius loci, che noi cerchiamo anche nella serie di Dampyr – è perfettamente realizzata: si vede la guerra nei paesi dell’Est, si vede la gente, si sente la musica, si vedono le facce… Il film è girato chiaramente in Romania, in Transilvania, però potrebbe essere la Bosnia-Erzegovina delle storie di Dampyr.
L’emozione che ho provato nel vederlo è stata forte. Credo che sia stata condivisa anche da molti dei lettori e degli appassionati di Dampyr, perché i personaggi prendono forma, in carne e ossa, nella realtà del film, come usciti dalla stessa pagina! L’attore che interpreta Kurjak, Stuart Martin, mi ha confessato che per girare certe scene si è ispirato alle vignette del fumetto di Majo. Ed effettivamente quando l’ho visto di persona mi sembrava di avere davanti Emil Kurjak, grande e grosso come lui! Wade Briggs è un ottimo Dampyr, molto personale. Anche lui ha fatto una ricerca attoriale sul personaggio. Nella sua interpretazione passa dall’antieroe alla presa di coscienza del suo destino: è la storia tipica dell’eroe dei mille volti della mitologia e della narratologia. E poi c’è Tesla, la bellissima Frida Gustavsson, che pure ha fatto un grande lavoro. È, forse, una Tesla più emotiva di quella del fumetto, ma a sua volta è riuscita benissimo nel rendere la presa di coscienza della parte umana ancora viva nella sua natura di non-morta. C’è molto pathos nelle sue scene. E con Tesla c’è una scena sui tetti di Sarajevo identica a quella del fumetto mio, di Colombo e di Majo. Questo significa che Chemello, che è un appassionato di fumetti – l’ha confessato lui stesso –, effettivamente in certi casi ha rispettato perfino la scansione delle scene. In altri casi c’è stata una semplificazione, specialmente nella seconda parte, per scelte cinematografiche, che rispetto totalmente e che mi hanno divertito. È chiaro che se avessi avuto mano libera – ma devo dire che non m’intendo di budget e di costi delle scene – avrei messo di tutto e di più, forse esagerando. Però il film mi è molto piaciuto. Quello dove forse siamo mancati – forse per una questione di esperienza della situazione attuale del mercato – è farlo conoscere di più, in modo che potesse restare di più nelle sale. I suoi meriti sono immensamente superiori al destino che, per il momento, ha avuto nelle sale italiane. Gli auguro miglior fortuna all’estero.

Inverto una domanda che avevo posto a Uzzeo, Masi e Ostini, gli altri sceneggiatori del film. Quali sono gli elementi in comune tra la sceneggiatura per il fumetto e quella per il cinema?
Per il cinema occorrono meno parole, perché la sceneggiatura di un fumetto, quasi come quella di un’opera teatrale, ha bisogno di dialogo per creare la situazione, l’atmosfera, perfino l’ambiente. Nel cinema non ce n’è bisogno: gli sguardi dei personaggi o l’ambiente possono dire più di mille parole, quindi la sceneggiatura di un film è molto più laconica di quella di un fumetto. Tecnicamente non è molto diversa: ci sono delle regole diverse, ma, in fin dei conti, si tratta di dialoghi e di inquadrature. Poi, in realtà, io ho scritto un trattamento in cui suggerivo al regista, dall’alto della mia inesperienza, come avrebbe dovuto inquadrare, per esempio, la scena iniziale del prologo. Questo non è necessario nel caso della sceneggiatura cinematografica, quello è il lavoro del regista o dello storyboarder che assiste il regista. Si tratta semplicemente di dividere in scene, di mettere un dialogo e di preparare l’ambiente, nella sceneggiatura scritta. Nel fumetto, invece, c’è anche la regia, perché ogni singola inquadratura – nel fumetto sono molte di più – è decisa dallo sceneggiatore, almeno per la mia scuola, la scuola Bonelli. Questa è la differenza. Per cui, nel fumetto io ho fatto sia regia che sceneggiatura, per il cinema ho fatto soltanto la stesura dei dialoghi e la stesura delle scene. Ma ripeto, io sono l’autore della storia del fumetto originale, insieme a Colombo, e del trattamento. Poi ovviamente ho collaborato alla sceneggiatura, che però è stata scritta soprattutto dagli altri tre, che tengono più presenti quegli aspetti che riguardano il costo della scena e la possibilità di realizzarla.
Aggiungo che quando io scrivo un fumetto non mi pongo problemi di budget, mentre nel cinema bisogna porseli, purtroppo.

Hai qualche aneddoto curioso da raccontarci sulla lavorazione del film?
Be’… il fatto che all’inizio, quando non si sapeva ancora che avremmo avuto un budget raddoppiato per l’intervento della Eagle, quando dicevo «qui ci vogliono diversi cavalli, ci vogliono jeep e carri armati», dicevano «no, no, per carità! possiamo metterci una sola jeep, un solo cavallo…». Effettivamente all’inizio, nella scena in cui entrano a Yorvolak, vediamo una jeep sola. Poi, però, arrivano le altre.

Passiamo a qualche domanda sui fumetti. Mi dicevi che qualche anno fa sei stato a Youghal, la cittadina irlandese in cui è ambientata la recente storia doppia disegnata da Genzianella. Cosa ti ci ha portato? L’hai trovata effettivamente triste e desolata come descritta nel fumetto?
Sì, ci sono stato ormai sei o sette anni fa, perché per altri impegni non ho scritto subito la sceneggiatura. Io mi auguro che si sia ripresa. So che dà segni di ripresa, un po’ come anche nel fumetto. Ovviamente la polizia di Youghal non è come quella che c’è nel fumetto, che in parte è schiava dei cattivi! Ci sono delle differenze sostanziali, però gli ambienti sono quelli. Effettivamente in un giro per l’Irlanda, alla caccia di varie cose, ho dormito anche in un hotel cosiddetto infestato dai fantasmi, ma senza avere nessuna esperienza soprannaturale. Ma quello non mi ha ispirato. Poi arrivai a Youghal, a cui ero interessato essenzialmente perché è una cittadina antica che è stata abitata dal corsaro Sir Walter Raleigh. E ho scoperto quest’atmosfera abbastanza lugubre, soprattutto il convento abbandonato di Loreto, che è all’inizio del paese sull’estuario del fiume, che dà sul mare: un posto incantevole. E poi l’abbandono, cosa che è successa anche a molti paesi italiani dopo le varie crisi che si sono susseguite dal Duemila in qua. Era veramente triste, perché si vedeva una città piena di vita che era stata improvvisamente abbandonata: i negozi chiusi, mille vetrine sporche, non c’era quasi nulla che funzionasse. Questo mi ha ispirato.
In realtà ci sono moltissime altre storie che avrei nella penna o nella macchina da scrivere, per così dire, che derivano dai miei viaggi, ma non in tutti i casi poi mi sono messo a realizzarle. Per esempio, anche la storia islandese che è adesso in edicola, deriva in parte da uno di questi viaggi [La scuola tra i fiordi, ndr].

Mi sembra che quest’ultima storia sia piaciuta molto ai lettori…
Be’, sì, ai lettori a cui piacciono le storie d’atmosfera, magari meno a quelli a cui piacciono le storie d’azione.

Nell’ultima intervista ci avevi anticipato di un imminente ritorno di Taliesin. Cos’altro ci aspetta nella prossima annata dampyriana?
Innanzi tutto la storia di Taliesin non è soltanto una storia ambientata nel passato. Sarà disegnata da tre autori: Laurenti, Viotti e Genzianella. Laurenti e Viotti si occuperanno della parte nel passato, perché dopo diversi anni bisogna finalmente dire che cosa è successo al primo Dampyr che era prigioniero del Maestro Kostantin, alias Kostacki, alleato di Lord Marsden. Taliesin, il Dampyr del passato, è rimasto prigioniero per anni, e chiaramente adesso vedremo come è stato liberato. La parte nel presente sarà disegnata invece da Genzianella. La saga quindi continuerà sia nel passato che nel presente con altri episodi, ma soprattutto nel presente. Anche se siamo ancora lontani dalla realizzazione completa, quindi spero che niente si frapponga tra i desideri e i fatti. Intendo realizzare una saga in cui Azara, Dampyr e altri importanti personaggi, tra cui ovviamente Vassago, il Demone delle cose perdute, cercano di recuperare ognuno per suo conto i frammenti del cosiddetto Calderone della Conoscenza del Maestro della Notte Dagda, lo scienziato dei Maestri perito più di un millennio e mezzo fa. Questa saga inizierà l’anno prossimo, tra l’estate e l’autunno, e poi continuerà. Ci saranno dunque avventure che si svolgeranno in diverse parti del mondo, dall’Africa all’Europa, e che comporteranno la ricerca di questi frammenti del Calderone. E forse – dico forse – intorno al numero trecento, ci potrebbe essere uno scontro finale con Marsden: ipotizzo.
Un piccolo problema di Dampyr in questo momento è che sono l’unico a scrivere la continuity insieme ai rari apporti di Giusfredi e Falco, impegnati in altro. E soprattutto ho ceduto la maggior parte di miei disegnatori più pregiati a Tex. Il curatore di Tex me li ha portati via [cioè lo stesso Boselli, ndr]. Quindi ne chiederò in prestito qualcuno per poter realizzare questa saga.

Nell’attesa di poter scoprire di più su questa saga, non ci resta che ringraziare il Bos per la sua disponibilità, e dare appuntamento ai lettori di Dampyr per un 2023 ricco di sorprese e ottime letture.




Risorse Web:
Mauro Boselli su Wikipedia
Dampyr: tra vampiri e folklore affascinante – Intervista a Mauro Boselli
Pagina Facebook del film
Pagina Facebook di Dampyr
Bonelli Entertainment
Sergio Bonelli Editore
 

domenica 11 dicembre 2022

AAVV, “Sangue”

Titolo: SANGUE
Autore: AAVV
Anno: 2022
Edizione: BLACK HOUSE
Copertina: CLAUDIO MONTALBANO
ISBN: no
Pagine: 236

Nel mese di settembre le edizioni Black House hanno dato alle stampe un’antologia vampiresca con quattro racconti di giovani veterani del panorama horror nostrano: Andrea Cavaletto, Pietro Gandolfi, Christian Sartirana e Sebastiano Tuccitto. Corredato dalle belle illustrazioni di Barbara Astegiano, il volume è introdotto dal documentato saggio Ex sanguine – Vampiri di Fulvio Giachino, incentrato sul folklore e sull’associazione tra vampiro e pipistrello.

Andrea Cavaletto, I senza nome
Saverio è uno scrittore in crisi creativa, trasferitosi a Lampedusa per prendersi cura del padre Carmelo, ex marinaio che ha subito un ictus. Con lui ci sono la moglie Carola, la figlioletta Adele e Luca, il figlio più grande.
Luca è spesso fuori casa, insieme a Claudia, la ragazza di cui si è invaghito, Massimiliano e Michele, l’unico del posto. Massimiliano, razzista intollerante verso i poveri migranti accolti sull’isola, convince gli amici a partecipare a una «caccia al negro». La vittima presa di mira è Ismael, un ragazzo magrebino arrivato da pochi giorni. Massimiliano inizia a malmenarlo, mentre gli altri tre rimangono allibiti a guardare. Ismael si rialza sanguinante da terra e, sfoderati due lunghi e storti canini, morde il suo aggressore alla caviglia.
Mentre Saverio si sblocca e prende a scrivere il «grimorio degli annegati», la scabbia si diffonde nel paese – Carola è tra i primi contagiati – e iniziano violente aggressioni di infetti che mordono le loro vittime. Nel frattempo Carmelo vede arrivare a riva una miriade di vestiti, scarpe, catenine, pagine del Corano e della Bibbia, vomitati dal mare insieme a un forte odore di putrido. È l’annuncio che la bara del Mediterraneo sta per aprirsi.
L’elemento centrale del racconto di Cavaletto è una chiara critica sociale alla gestione del fenomeno dei migranti, i cui morti nella finzione narrativa ritornano dall’aldilà per vendicarsi: sono i sensi di colpa del ricco Occidente che si materializzano in chiave orrifica. A questo si sovrappone la vicenda della disastrata famiglia di Saverio, protagonista di schermaglie e incomprensioni, che conferiscono veridicità al racconto. Un altro preziosismo dell’autore è l’uso del dialetto da parte dei personaggi anziani, gli unici che sanno cosa sta accadendo, forse perché hanno un legame più stretto e onesto con la terra e con il mare.

Pietro Gandolfi, Late Night Show
Sabrina è una ragazza punk timida e introversa, che finalmente ha trovato degli amici che la accettano, ma che pure sono diversi da lei: i disinibiti fidanzatini Steve e Alyssa, il ricco Tobias e l’anonimo Wilson.
Una sera i cinque riescono a partecipare a una trasmissione televisiva con il loro idolo, il musicista e pittore Quentin Steele. È un evento speciale, perché Steele, autore di opere demoniache e grondanti sofferenza, non ha mai concesso interviste. E l’anchorman Jack Foreman si è assicurato con lui un vero scoop, essendo l’artista la prima personalità di spicco ad aver dichiarato pubblicamente di essere un vampiro.
Foreman tenta di metterlo in difficoltà, ma Steele sa girare il discorso a suo vantaggio. È nato vampiro, ma la condizione può essere trasmessa: la conferma che Sabrina e i suoi amici attendevano da tempo. Ha fatto la scelta di uscire allo scoperto perché i vampiri vengano integrati nella società, cosa che risparmierebbe attacchi ai danni di innocenti. Per la prima volta Foreman non ha il controllo del suo programma e va su tutte le furie, cosa che gli costerà cara quando verrà si troverà faccia a faccia con i cinque arrabbiatissimi punk.
Il racconto di Gandolfi ha per protagonista una ragazza che è una diversa tra i diversi, circondata da ragazzi fragili, insicuri, la cui insoddisfazione sfocia in una violenza cieca e senza senso. Sabrina sembra essere l’unica a sapere chi è, anche se non riesce a trovare una sua dimensione, almeno fino a quando non incontra Quentin. Il vampiro di Gandolfi, ritagliato sulle fattezze di Peter Steele dei mitici Type O Negative, è parte di una più ampia comunità che, prima nascosta nell’ombra, sta ora venendo allo scoperto. È quindi una figura pienamente al passo con i tempi, metafora di una minoranza esclusa ed emarginata.

Christian Sartirana, Il parassita
Da una settimana Silvia vive una storia di sesso con un uomo conosciuto a una festa aziendale. Non che Silvia impazzisca per lui, non sa neanche spiegarsi bene perché continui a vederlo, è come se in qualche modo ci sia costretta. Per di più, dopo aver fatto sesso, lui si addormenta come un sasso, e alla donna sembra di vedere cose strane: una figura scura gonfia le coperte, la punge, per poi rifugiarsi sotto il letto. Il risultato sono piccole ferite tra le dita dei piedi e delle mani, che le provocano un fastidioso prurito.
Tania, amica e collega in uno studio di grafica, trovandola scontenta e sciupata, le consiglia di troncare la relazione. Silvia viene però a sapere che Tania aveva fatto sesso con lui, e si convince che i suoi consigli siano dettati dalla gelosia. Gli appuntamenti, così, continuano regolari e la donna deperisce sempre di più. Riuscirà Silvia a liberarsi dalla soffocante relazione?
Questa è la storia di un rapporto vampiresco, una relazione distruttiva, che sembra sottintendere una propensione all’autolesionismo della protagonista. Silvia, infatti, si lascia andare a un rapporto che razionalmente non vorrebbe, e che non solo accetta ma che finisce per cercare. Però non riesce ad ammetterlo, neanche con se stessa. Il tema polidoriano del vampiro mondano, che adesca vittime alle feste, e le modalità dell’aggressione tipiche dell’incubo, impreziosiscono un racconto avvincente e originale.

Sebastiano Tuccitto, La giostra
In cerca di emozioni forti, Clara e Diego iniziano a frequentare la perversa e affascinante Angelica, esperta di pratiche sadomaso. Dopo qualche mese di apprendistato, i due vengono ammessi al suo gioco più esclusivo: la Giostra. In una sontuosa villa, Clara e Diego si ritrovano tra decine di corpi impegnati in amplessi, per poi raggiungere una stanza più intima con un grande letto a baldacchino. Qui Clara si unisce alle pratiche violente e sanguinarie di due bellissime ragazze, per poi accogliere vogliosa le attenzioni della famelica di Angelica, sotto gli occhi attoniti ed eccitati di Diego, circondato da decine di spettatori.
Il racconto meno convincente della raccolta, che cerca di essere estremo e disturbante, ma che manca di incisività. I vampiri, o presunti tali, sono esseri alla ricerca del piacere, che raggiungono succhiando la vita (e non solo) delle loro compiacenti vittime.

In definitiva questa raccolta mantiene quanto promette: ben lontani dalle recenti derive sentimentalistiche del genere, i quattro racconti proposti sono incursioni moderne ed efficaci nel mito del vampiro, a base di horror, tenebre e parecchi litri di sangue.

Risorse Web:
Andrea Cavaletto su Wikipedia
Pagina Facebook di Andrea Cavaletto
Pietro Gandolfi su Wikipedia
Pagina Facebook di Pietro Gandolfi
Pagina Facebook di Christian Sartirana
Pagina Facebook di Sebastiano Tuccitto
Pagina Facebook di Barbara Astegiano
Pagina Facebook di Fulvio Giachino
 

domenica 4 dicembre 2022

Dampyr - N.273

Testata: DAMPYR, N.273
Episodio: LA SCUOLA TRA I FIORDI
Testi: MAURO BOSELLI
Disegni: LUCA ROSSI
Copertina: ENEA RIBOLDI
Lettering: OMAR TUIS
Pagine: 96
Edizione: BONELLI, 12-2022

Il nuovo episodio di Dampyr propone una storia natalizia ambientata in Islanda.

Secondo una leggenda islandese, nelle settimane che precedono il Natale, gli Jóslaveinar, i tredici troll figli della strega Gryla e dell’orco Leppaludi, vanno a trovare i bambini lasciando dei doni o facendo dei dispetti. Come però scoprirono a loro spese gli allievi dell’isolata scuola di Frodistadir, tra i fiordi del nordovest dell’isola, i troll e la loro malvagia madre sono ben più che una leggenda: una notte del 1958, quando ricevettero la loro visita, solo il piccolo Aki Baldursson riuscì a salvarsi.
Oggi, 21 dicembre: la scuola è semideserta per le vacanze. Rimangono solo sette ragazzini, insieme al custode e alla moglie, al vicedirettore Ragnarsson e alla maestra Freya Jónsdottir, la ragazza vent’anni addietro rapita da Gryla [nn.33-34]. Freya rimane turbata da un graffito con il nome della strega su un davanzale, e ha dei brutti presentimenti sul vicedirettore Ragnarsson, che deve rientrare a casa con il buio e sulla strada ghiacciata.
Nella scuola iniziano a verificarsi strani fenomeni: durante un blackout al guardiano sembra di essere osservato da qualcuno, delle sagome compaiono fuori nella tormenta e il giovane Niels vede una bambina sconosciuta che lo attira in un’ala abbandonata dell’edificio. Informato dal custode della possibile presenza di molestatori, Ragnarsson decide di raggiungere la stazione di Holmavík, affrontando un viaggio estremamente pericoloso.
Harlan è messo in allarme dai sogni di Gudrun, sacerdotessa del culto pagano di Asatru, e dalle preoccupazioni di Jón, il padre di Freya. I tre affrontano il viaggio per Frodistadir e il loro arrivo sarà provvidenziale per salvare Freya e i bambini, nel mezzo di un vero e proprio assalto da parte di Gryla e degli Jóslaveinar, evocati dalle azioni dei protagonisti della tragedia del 1958.

Boselli ci dimostra che il Natale può essere davvero terrificante, con una storia in cui l’orrore cresce pagina dopo pagina, anticipato da sogni premonitori, visioni, segni. Il racconto ha come base il folklore dell’affascinante leggenda di Gryla e dei suoi troll, su cui si innestano l’elemento fantastico delle presenze spettrali nella scuola, prefigurato da indizi disseminati qua e là dall’autore, e l’orrore ben più spaventoso, in quanto tristemente reale, della pedofilia.
Nelle stupende tavole del maestro Rossi ritroviamo le tipiche fattezze con spigoli aguzzi dei suoi personaggi. Sempre molto evocativo il suo tratto, che si adatta perfettamente a questo sinistro racconto. Terrificanti i suoi mostri, ma ancora più spaventose le ombre: sagome evanescenti, se sognate, o appena accennate se intraviste dai personaggi, e per questo ancora più inquietanti.



Risorse Web:
Scheda di La scuola tra i fiordi
Mauro Boselli su Wikipedia
Luca Rossi su Wikipedia
Sergio Bonelli Editore
Pagina Facebook di Dampyr

sabato 3 dicembre 2022

Un meraviglioso punto di partenza: intervista agli sceneggiatori di Dampyr

La lunga gestazione del film Dampyr è iniziata con un articolato lavoro di sceneggiatura, non tanto per la stesura del soggetto di Mauro Boselli e Maurizio Colombo, che riprende fedelmente la trama dei primi due episodi del fumetto, quanto per l’adattamento dello script al medium cinematografico. Della redazione del primo trattamento si è occupato Boselli, poi la palla è passata a Mauro Uzzeo, Giovanni Masi e Alberto Ostini, sempre con la supervisione del Bos. Nella serata milanese del 14 novembre, abbiamo approfondito il discorso con i tre sceneggiatori.

Che differenza c’è tra il lavoro di sceneggiatura di un fumetto e il lavoro di sceneggiatura di un film?

Mauro Uzzeo: La prima cosa che si deve tenere fortemente a mente quando si sceneggia per il cinema, è che si è parte di un ingranaggio più grande. Arrivi solitamente a bordo di una nave che è già partita, che ha già lasciato il porto, perché ci sono dei produttori che hanno deciso di investire su quel progetto, solitamente è stato già arruolato un regista, e si parte a volte da un materiale già esistente, come in questo caso. E sai bene che il tuo lavoro è un lavoro transitorio, cioè che farai una scrittura tecnica, in cui sei chiamato a dare corpo a quel primo scheletro che, grazie al lavoro di tante altre figure che si sommeranno dopo (il regista, gli attori, i tecnici, il direttore della fotografia, gli addetti agli effetti speciali, al montaggio, alle musiche), diventerà un film. Per cui, quando inizi a scrivere per il cinema, non puoi non tenere conto di tutti questi parametri. Ma nonostante ciò, la cosa bella è che comunque sei chiamato a metterci te stesso e la tua visione, la tua volontà di scrivere e di raccontare.

Quante stesure sono state realizzate prima di arrivare alla consegna della sceneggiatura definitiva al regista?
Giovanni Masi: Oh Dio, che domanda difficile…
M. U.: Mille?
G. M.: Un milione! No… Credo una ventina… o qualcosa di più. Ma è abbastanza normale, non sono tante per un progetto del genere, perché, come diceva Mauro, devi sempre calcolare che ci può essere l’intervento della produzione, degli adattamenti per la location… Noi abbiamo seguito il progetto per tanto tempo fino agli ultimi giorni in cui Riccardo cominciava a girare, per cui posso dirti che le stesure si sono accumulate una sull’altra. La stesura di tutto il film è stata abbastanza veloce, non ci abbiamo messo tantissimo: dovevamo correre. Dovevamo correre perché dovevamo sincronizzarci con i tempi del set, perché loro hanno girato a -4 °C. Abbiamo cercato di evitare di farli girare a -10 °C, perché poi i tempi erano quelli. Quindi sì, credo una ventina di stesure in totale.
M. U.: Sai, un conto sono le prime sceneggiature, in cui butti giù una stesura molto molto libera. Dopo cominci a confrontarti con il regista, con la sua visione, e allora il testo prende un ulteriore corpo. Idem per il lavoro con Boselli. Poi arriva il casting con gli attori, quindi il momento in cui dai delle facce ai personaggi, allora inizi a riadattarli un pochino a quello che vedi. Poi si va in location. Come è stato detto, il film non era su green screen, quindi nel momento in cui cominci a vedere i posti, allora riadatti il testo e lo modifichi un’altra volta. Qui un lavoro enorme l’ha fatto pure Michele Masiero insieme al regista sul set, dove si confrontavano con gli attori e sistemavano i dialoghi, a seconda di come sentiva meglio la battuta l’attore. Non ti nascondiamo che alcune delle battute più fighe sono nate proprio dal confronto con gli attori sul set: quel modo in cui Kurjak definisce Harlan «pretty boy», il modo in cui lo chiama [recitando in inglese, ndr], credo sia nato proprio spontaneamente a Stuart Martin sul set. Per cui, diciamo che la sceneggiatura la lavori fino all’ultimo momento. Ecco perché ne esistono varie versioni.

Quindi siete stati sul set ad apportare correzioni alla sceneggiatura, o comunque una volta consegnata è stata completamente presa in mano dal regista?
Alberto Ostini: Io non ci sono stato sul set, ma ci sono stati Mauro e Giovanni. Comunque sì, soprattutto molti dialoghi sono stati scritti vedendo la location vera e propria dove la scena si sarebbe girata. E questo è abbastanza normale in realtà, perché di solito sul set c’è uno sceneggiatore che, a seconda delle esigenze del film, mentre si fa, corregge e adatta lo script alla situazione.

Alberto, tu sei l’unico tra gli sceneggiatori del film che ha scritto anche i testi per un episodio a fumetti di Dampyr
A. O.: Sì, L’uomo di Belfast, un episodio ambientato nell’Irlanda del Nord. È stato molto, molto bello ritornare a quelle atmosfere. E adesso sto scrivendo, in realtà, un altro Dampyr, che dovrebbe uscire l’anno prossimo.

Siete soddisfatti del risultato finale della resa del film?
A. O.: Della resa, enormemente soddisfatti. Credo che vada sottolineato anche il valore del progetto, non solo del film in sé, preso asetticamente, ma di cosa significa un film del genere nel panorama produttivo italiano di questi anni.
G. M.: Sì, sono soddisfatto. C’è da migliorare, come per tutte le cose nella vita. E speriamo soprattutto nel prossimo di sistemare quelle due o tre cosette che ancora non mi convincono. Però sì, sono molto soddisfatto.
M. U.: Be’, abbiamo partecipato al primo film di lancio di Bonelli Entertainment, del Bonelli Cinematic Universe… solo un pazzo non sarebbe soddisfatto! Siamo felicissimi, ci siamo emozionati tutti e tre guardando il film e vedendo che prendeva vita. E, come diceva Giovanni, chiaramente vediamo tutti gli errori che ci sono in questo film, ma perché ne conosciamo tutte le strade, tutto quel che poteva essere e che non è stato, tutto quello che rischiava di essere e invece non è stato grazie alla bravura di tutti quelli ci hanno lavorato. Però chiaramente per ognuno di noi, e credo anche per Bonelli Entertainment in primis, questo è, e deve essere, un primo passo, un inizio. Nessuno di noi lo vede come un punto di arrivo, lo vediamo come un meraviglioso punto di partenza. E non vediamo l’ora di continuare a mettere tasselli, o a partecipare alla lavorazione di tasselli di questo mondo straordinario.

Ma, sbaglio, o qui c’è anche l’ambizione di proporre un modello di cinema diverso rispetto ai cinecomics americani? Una strada diversa, una strada italiana, un ritorno anche a un sano artigianato?
A. O.: Io direi che già il fatto di aver usato un certo tipo di maestranze tecniche, è anche un grande ricollegarsi a quel filo storico che è stato il grande cinema di genere degli anni Sessanta e Settanta.
G. M.: Sì. Se hai dei super-eroi, hai dei personaggi parecchio diversi da quelli della Sergio Bonelli Editore, che sono esseri umani che fanno imprese straordinarie. Quindi già di base ti devi discostare. Se abbiamo scelto la strada giusta non lo so, lo vedremo con il futuro. Per fortuna non è l’unico progetto della Bonelli Entertainment in lavorazione. Vediamo se convinciamo il pubblico.
M. U.: Magari è divertente anche parlare un po’ male dei film Marvel. Però, innanzi tutto, tanto di cappello ai film Marvel, e magari arrivarci a quei livelli. Anche perché dietro c’è una visione coesa di mondo incredibile, e un lavoro come quello che hanno fatto loro non era mai stato fatto prima. E credo che l’apice che hanno raggiunto con Infinity War e Endgame [il terzo e il quarto capitolo della saga degli Avengers, ndr] sia una delle vette del cinema moderno. Poi, è chiaro, fanno due milioni di prodotti, quindi c’è quello meno riuscito e quello più riuscito. Mi piacerebbe un giorno arrivare dire che Dampyr è stato l’Iron Man del Bonelli Cinematic Universe: un primo film più piccolo, con un personaggio sicuramente secondario rispetto a quelli più famosi. Perché, come Dampyr non è Tex per la Bonelli, allo stesso modo Iron Man non era Spiderman per la Marvel, soprattutto in quel periodo.
G. M.: Né gli X-Men.
M. U.: Né gli X-Men, che erano le testate che vendevano di più in quegli anni. Quindi io guardo con grossa commozione questo primo film, e spero che sia veramente il primo grande tassello, che ci ha insegnato tante cose. Non ci scordiamo che Dampyr è l’opera prima di Riccardo Chemello come regista, ma è anche l’opera prima di Bonelli Entertainment. E spero che quest’opera sia la prima di tante altre.

Per inciso, la svolta a livello di fortuna commerciale del cinema targato Marvel è iniziata con un dampire, cioè Blade… una coincidenza che mi sembra di buon augurio…
G. M.: È vero, speriamo!
A. O.: Magari!
M. U.: Ma se fosse qui Boselli, ti spiegherebbe tutte le differenze tra Blade e Harlan. Ma voglio dirlo chiaramente: Mauro, noi non ci prendiamo responsabilità per quello che ha detto Antonio!

Me ne assumo la responsabilità! Comunque, se il buon giorno si vede dal mattino, sarà una giornata splendida, a mio avviso.
G. M.: Grazie!
A. O.: Grazie!
Uzzeo: Grazie! Ci porteremo dei vestiti leggeri, allora!




Risorse Web:
Sito ufficiale di Mauro Uzzeo
Mauro Uzzeo su Wikipedia
Sito ufficiale di Alberto Ostini
Alberto Ostini su Wikipedia
Sito ufficiale di Giovanni Masi
Giovanni Masi su Bao Publishing
Il trailer ufficiale del film
Pagina Facebook del film
Bonelli Entertainment
 

giovedì 1 dicembre 2022

Dampyr - N.272

Testata: DAMPYR, N.272
Episodio: ORRORE A HYDE COURT
Testi: MAURO BOSELLI
Disegni: NICOLA GENZIANELLA, MICHELE RUBINI
Copertina: ENEA RIBOLDI
Lettering: OMAR TUIS
Pagine: 96
Edizione: BONELLI, 11-2022

L’episodio di Dampyr di novembre conclude la storia doppia iniziata con Gli spettri di Youghal.

Liberato da Maud e guidato dallo spettro di Buttimer, Harlan raggiunge la stanza dove l’infermiera Roisin è alla mercé dei bambini cannibali di Hyde Court. Il Dampyr mette fuori gioco una delle guardie e Florence, l’assistente di Vernon, dando la possibilità a Maud di allontanarsi con Roisin. Florence, però, si riprende subito e si mostra con il suo aspetto di demone della Dimensione Oscura: il suo vero nome è Fenriss. Nello scontro che segue, ha la peggio uno dei bambini: Harlan va su tutte le furie e carica la demonessa, cadendo con lei fuori dalla finestra.
Mentre i bambini cannibali si occupano di un’altra guardia, i fantasmi di Youghal mostrano a Maud e Roisin la strada per una stanza segreta nella soffitta, dove le due si rifugiano. Messa al sicuro la ragazza, Maud deve però uscire allo scoperto per salvare Fred, che viene torturato nel cortile da una guardia, sotto gli occhi compiaciuti di Vernon.
Aggiornato Watkins sulla situazione e affrontato Byrne, Harlan riesce a portar via Richards e a condurlo all’interno di una cappella. Ma per salvare i ragazzi disabili, il Dampyr è costretto a consegnarsi, promettendo di unirsi ai seguaci del culto di Thorke in cambio della liberazione dei suoi amici. Verneris, questo il vero nome di Vernon, sta al gioco e accetta.
Il demone spiega che lui e Fenriss erano esponenti della nobiltà e predicatori del culto di Thorke, ucciso per l’intervento di Harlan. Come raminghi, ovvero viaggiatori del Multiverso, vennero messi al bando, e giurarono vendetta. Verneris, in effetti, non mira a un’alleanza: ha semplicemente attirato Harlan in una micidiale trappola, a cui il Dampyr, da solo, non potrà sfuggire.

Questa seconda parte dell’avventura di Youghal, più incentrata sull’azione della precedente, è raccontata con ritmo veloce e serrato. Alcuni personaggi vengono messi in situazioni limite, faccia a faccia con la morte, e devono fare l’impensabile per sopravvivere: è il caso della dolce e tranquilla Roisin, che deve tirare fuori tutta la cattiveria e la forza di cui è capace. Dall’altro lato spicca l’arroganza del forte, il potente Verneris, che commette il grave errore di sottovalutare i suoi avversari. Nell’ultima parte la storia prende una piega dark fantasy, in cui scopriamo molti aspetti del mondo della Dimesione Oscura. Toccante poi il finale, in cui Maud rivede il suo rapporto con Fred, dopo aver temuto di perderlo, e in cui decide di prendersi cura delle ragazze che tanto hanno sofferto con lei in questa brutta avventura.
Le chine di Genzianella ritraggono efficacemente il mondo da incubo in cui sono precipitati i nostri eroi, popolato dai malvagi adepti di Thorke e da enormi e spaventevoli mostri – come vermi e insettoidi – giunti da altre dimensioni. Una quindicina di tavole sono realizzate da Rubini, che ci delizia con un bellissimo “inserto” con panoramiche della Città Nera, formato da una splash, una doppia splash e una vignetta quadrupla, in cui ammiriamo le stranianti geometrie e le sfuggenti architetture della capitale della Dimensione Oscura (pp.61/64).



Risorse Web:
Scheda di Orrore a Hyde Court
Mauro Boselli su Wikipedia
Nicola Genzianella su Wikipedia
Pagina Facebook di Michele Rubini
Reel con l’inserto sulla Città Nera
Sergio Bonelli Editore
Pagina Facebook di Dampyr