Titolo: IL SANGUE DI MANITOU (Manitou Blood)Autore: GRAHAM MASTERTONAnno: 2005Edizione italiana: GARGOYLE BOOKS, 2009Traduzione: ANNARITA GUARNIERICopertina: GRAFEMA srlISBN: 978-88-89541-34-0Pagine: 384Pubblicato in questi giorni da Gargoyle Books
Il Sangue di Manitou di Graham Masterton, quarta avventura del veggente Erskine.
Mentre si reca a lavoro al Sisters of Jerusalem, il gastroenterologo Frank Winter si ferma in strada per assistere a un numero di mimo. Dopo lo spettacolo, la ragazza che si è esibita si piega in due e inizia a vomitare sangue: il dottore la fa ricoverare immediatamente. Ma quello di Susan Fireman è solo il primo di una serie di casi: a New York si sta diffondendo una malattia prima sconosciuta, che si manifesta, oltre che con il vomitare sangue, anche con un’insaziabile sete di sangue e con un’intolleranza totale alla luce solare. Un’altra peculiarità dell’infezione è che le persone che ne sono affette sono tutte preda dello stesso incubo, in cui si trovano in viaggio su una nave, costretti in una cassa chiusa, da cui sentono la voce di un ragazzo che recita le parole «Tatal nostru».
Il veggente Harry Erskine riceve la visita di uno degli infetti, che gli racconta il suo incubo. Le carte non lasciano presagire niente di buono, e il sensitivo decide di evocare il suo spirito guida, Roccia che Canta, uno sciamano indiano che, in vita, fu suo amico. Erskine riesce, così, a materializzare l’entità che perseguita il ragazzo, ma questa fugge e i due non riescono a distinguere più che una sagoma alta, scura e allungata.
Intanto a New York l’epidemia dilaga: i morti sono centinaia, ma sono inesorabilmente destinati ad aumentare, visto che le persone infette, per saziare la loro sete, non esitano a sgozzare chiunque gli capiti a tiro per berne il sangue.
Roccia che Canta rivelerà ad Harry chi è il nemico, un nome il cui suono fa tremare chiunque lo conosca:
strigoi. Nella lotta Erskine verrà aiutato da Frank, dall’ex militare Gil e da Jenica, la prosperosa figlia di un esperto di vampiri rumeno.
Fin dalla prima pagina, senza perdersi in pompose descrizioni, l’autore ci porta dritti al cuore di una vicenda in cui l’elemento fantastico subentra lentamente e naturalmente, scardinando ogni spiegazione scientifica. Anche l’orrore si affaccia per gradi, quasi a voler preparare il lettore alle scene apocalittiche che lo aspettano più avanti. Si pensi al passaggio in cui Susan racconta la sua storia, che, quasi sussurrata, mantiene con il fiato sospeso, suscitando un terrore filtrato come in un sogno, ma non per questo meno terribile. La trama si arricchisce man mano di nuovi colpi di scena: Masterton riesce a scandire un ritmo perfetto e le svolte narrative cadono sempre al momento giusto, così come i momenti di riflessione, di intimità o di tensione. Un perfetto tempismo dell’orrore, che rallenta e accellera sapientemente.
Lo scrittore britannico, però, non è solo bravo a miscelare tempi e atmosfere, ma anche miti lontani come quelli dei Nativi d’America e dell’Europa dell’est. Il gioco è rischioso, ma, come solo un maestro può fare, Masterton riesce a fondere in maniera credibile due mondi mitologici apparentemente inconciliabili, e questo senza voler far prevalere necessariamente uno sull’altro per un presunto valore intrinseco: il mito indigeno vince su quello straniero, solo perché “gioca in casa”, traendo forza dalla sua stessa terra.
In questo riuscito pot-pourri sovrannaturale, Masterton innesta il suo personale pantheon, popolato da pallidi, strigoi, svarcolaci, radunatori di vampiri e purificatori neri. La figura del vampiro viene reinventata in maniera originale, con particolari caratteristiche, quali la capacità di attraversare gli specchi, la mancanza di canini e l’interpretazione come vittima di un’epidemia (e in questo Masterton si impone come unico vero erede di Matheson).
La scittura è fluida, coinvolgente. La narrazione, che si svolge sui due piani narrativi di Frank ed Erskine, passa da una fase all’altra senza soluzione di continuità. Questo rende la vicenda varia e mai ripetitiva, semmai in alcuni passaggi speculare, come nell’accoppiamento morboso e infetto tra Susan e Frank, che si riflette rovesciato nell’amplesso tenero e magico tra Jenica e Harry (il tema dello specchio è motivo ricorrente in Masterton).
Non mancano momenti divertenti, come il passaggio in cui Erskine spilla ad una ricca signora qualche centone, in cambio di una pozione per rimorchiare un giovane stallone!
Con
Il Sangue di Manitou, Masterton ci regala un capolavoro dell’horror, in cui non manca nessun ingrediente: l’eroe (che, per quanto improbabile e scalcagnato, svolge egregiamente il suo compito), la bella di cui innamorarsi, un nemico spaventoso, suspense, humour, erotismo. Un autore da (ri)scoprire, il cui nome non sfigura affatto accanto a quelli di King, Barker, Simmons, Koontz... Anzi, per dirla tutta, Masterton riesce a reinventare in maniera originale il mito del vampiro, laddove neanche
sua maestà King era riuscito.
Risorse Web:
Sito ufficiale dell’autoreGraham Masterton su WikipediaScheda de Il Sangue di ManitouGargoyle Books