Il nostro lungo “Speciale Dampyr” dedicato al film, uscito in sala in 28 ottobre, non poteva che concludersi con un’intervista al co-creatore del personaggio e della sua saga: Mauro Boselli.
In un tuo recente intervento hai definito il film di Dampyr come «un’opera eccezionale», all’altezza delle tue aspettative. Che sensazioni ti ha dato vedere sullo schermo i personaggi ideati da te e da Maurizio Colombo?
Innanzi tutto «eccezionale» significa anche che è un’opera al di fuori degli schemi nel panorama attuale del cinema italiano, perché è un film di genere, un film d’azione, un film horror-fantasy di cui non abbiamo altri esempi al momento. È chiaro che si colloca nella tradizione del cinema horror italiano, nel solco dei capolavori di Bava e di Argento. Però è anche altro, qualcosa di al di fuori della nazionalità. Chemello ha fatto un lavoro assolutamente moderno, un film di cui appunto non traspare la nazionalità, potrebbe perfino essere balcanica, in virtù dei personaggi della storia. E questo è sorprendente. L’atmosfera del luogo – il genius loci, che noi cerchiamo anche nella serie di Dampyr – è perfettamente realizzata: si vede la guerra nei paesi dell’Est, si vede la gente, si sente la musica, si vedono le facce… Il film è girato chiaramente in Romania, in Transilvania, però potrebbe essere la Bosnia-Erzegovina delle storie di Dampyr.
L’emozione che ho provato nel vederlo è stata forte. Credo che sia stata condivisa anche da molti dei lettori e degli appassionati di Dampyr, perché i personaggi prendono forma, in carne e ossa, nella realtà del film, come usciti dalla stessa pagina! L’attore che interpreta Kurjak, Stuart Martin, mi ha confessato che per girare certe scene si è ispirato alle vignette del fumetto di Majo. Ed effettivamente quando l’ho visto di persona mi sembrava di avere davanti Emil Kurjak, grande e grosso come lui! Wade Briggs è un ottimo Dampyr, molto personale. Anche lui ha fatto una ricerca attoriale sul personaggio. Nella sua interpretazione passa dall’antieroe alla presa di coscienza del suo destino: è la storia tipica dell’eroe dei mille volti della mitologia e della narratologia. E poi c’è Tesla, la bellissima Frida Gustavsson, che pure ha fatto un grande lavoro. È, forse, una Tesla più emotiva di quella del fumetto, ma a sua volta è riuscita benissimo nel rendere la presa di coscienza della parte umana ancora viva nella sua natura di non-morta. C’è molto pathos nelle sue scene. E con Tesla c’è una scena sui tetti di Sarajevo identica a quella del fumetto mio, di Colombo e di Majo. Questo significa che Chemello, che è un appassionato di fumetti – l’ha confessato lui stesso –, effettivamente in certi casi ha rispettato perfino la scansione delle scene. In altri casi c’è stata una semplificazione, specialmente nella seconda parte, per scelte cinematografiche, che rispetto totalmente e che mi hanno divertito. È chiaro che se avessi avuto mano libera – ma devo dire che non m’intendo di budget e di costi delle scene – avrei messo di tutto e di più, forse esagerando. Però il film mi è molto piaciuto. Quello dove forse siamo mancati – forse per una questione di esperienza della situazione attuale del mercato – è farlo conoscere di più, in modo che potesse restare di più nelle sale. I suoi meriti sono immensamente superiori al destino che, per il momento, ha avuto nelle sale italiane. Gli auguro miglior fortuna all’estero.
Inverto una domanda che avevo posto a Uzzeo, Masi e Ostini, gli altri sceneggiatori del film. Quali sono gli elementi in comune tra la sceneggiatura per il fumetto e quella per il cinema?
Per il cinema occorrono meno parole, perché la sceneggiatura di un fumetto, quasi come quella di un’opera teatrale, ha bisogno di dialogo per creare la situazione, l’atmosfera, perfino l’ambiente. Nel cinema non ce n’è bisogno: gli sguardi dei personaggi o l’ambiente possono dire più di mille parole, quindi la sceneggiatura di un film è molto più laconica di quella di un fumetto. Tecnicamente non è molto diversa: ci sono delle regole diverse, ma, in fin dei conti, si tratta di dialoghi e di inquadrature. Poi, in realtà, io ho scritto un trattamento in cui suggerivo al regista, dall’alto della mia inesperienza, come avrebbe dovuto inquadrare, per esempio, la scena iniziale del prologo. Questo non è necessario nel caso della sceneggiatura cinematografica, quello è il lavoro del regista o dello storyboarder che assiste il regista. Si tratta semplicemente di dividere in scene, di mettere un dialogo e di preparare l’ambiente, nella sceneggiatura scritta. Nel fumetto, invece, c’è anche la regia, perché ogni singola inquadratura – nel fumetto sono molte di più – è decisa dallo sceneggiatore, almeno per la mia scuola, la scuola Bonelli. Questa è la differenza. Per cui, nel fumetto io ho fatto sia regia che sceneggiatura, per il cinema ho fatto soltanto la stesura dei dialoghi e la stesura delle scene. Ma ripeto, io sono l’autore della storia del fumetto originale, insieme a Colombo, e del trattamento. Poi ovviamente ho collaborato alla sceneggiatura, che però è stata scritta soprattutto dagli altri tre, che tengono più presenti quegli aspetti che riguardano il costo della scena e la possibilità di realizzarla.
Aggiungo che quando io scrivo un fumetto non mi pongo problemi di budget, mentre nel cinema bisogna porseli, purtroppo.
Hai qualche aneddoto curioso da raccontarci sulla lavorazione del film?
Be’… il fatto che all’inizio, quando non si sapeva ancora che avremmo avuto un budget raddoppiato per l’intervento della Eagle, quando dicevo «qui ci vogliono diversi cavalli, ci vogliono jeep e carri armati», dicevano «no, no, per carità! possiamo metterci una sola jeep, un solo cavallo…». Effettivamente all’inizio, nella scena in cui entrano a Yorvolak, vediamo una jeep sola. Poi, però, arrivano le altre.
Passiamo a qualche domanda sui fumetti. Mi dicevi che qualche anno fa sei stato a Youghal, la cittadina irlandese in cui è ambientata la recente storia doppia disegnata da Genzianella. Cosa ti ci ha portato? L’hai trovata effettivamente triste e desolata come descritta nel fumetto?
Sì, ci sono stato ormai sei o sette anni fa, perché per altri impegni non ho scritto subito la sceneggiatura. Io mi auguro che si sia ripresa. So che dà segni di ripresa, un po’ come anche nel fumetto. Ovviamente la polizia di Youghal non è come quella che c’è nel fumetto, che in parte è schiava dei cattivi! Ci sono delle differenze sostanziali, però gli ambienti sono quelli. Effettivamente in un giro per l’Irlanda, alla caccia di varie cose, ho dormito anche in un hotel cosiddetto infestato dai fantasmi, ma senza avere nessuna esperienza soprannaturale. Ma quello non mi ha ispirato. Poi arrivai a Youghal, a cui ero interessato essenzialmente perché è una cittadina antica che è stata abitata dal corsaro Sir Walter Raleigh. E ho scoperto quest’atmosfera abbastanza lugubre, soprattutto il convento abbandonato di Loreto, che è all’inizio del paese sull’estuario del fiume, che dà sul mare: un posto incantevole. E poi l’abbandono, cosa che è successa anche a molti paesi italiani dopo le varie crisi che si sono susseguite dal Duemila in qua. Era veramente triste, perché si vedeva una città piena di vita che era stata improvvisamente abbandonata: i negozi chiusi, mille vetrine sporche, non c’era quasi nulla che funzionasse. Questo mi ha ispirato.
In realtà ci sono moltissime altre storie che avrei nella penna o nella macchina da scrivere, per così dire, che derivano dai miei viaggi, ma non in tutti i casi poi mi sono messo a realizzarle. Per esempio, anche la storia islandese che è adesso in edicola, deriva in parte da uno di questi viaggi [La scuola tra i fiordi, ndr].
Mi sembra che quest’ultima storia sia piaciuta molto ai lettori…
Be’, sì, ai lettori a cui piacciono le storie d’atmosfera, magari meno a quelli a cui piacciono le storie d’azione.
Nell’ultima intervista ci avevi anticipato di un imminente ritorno di Taliesin. Cos’altro ci aspetta nella prossima annata dampyriana?
Innanzi tutto la storia di Taliesin non è soltanto una storia ambientata nel passato. Sarà disegnata da tre autori: Laurenti, Viotti e Genzianella. Laurenti e Viotti si occuperanno della parte nel passato, perché dopo diversi anni bisogna finalmente dire che cosa è successo al primo Dampyr che era prigioniero del Maestro Kostantin, alias Kostacki, alleato di Lord Marsden. Taliesin, il Dampyr del passato, è rimasto prigioniero per anni, e chiaramente adesso vedremo come è stato liberato. La parte nel presente sarà disegnata invece da Genzianella. La saga quindi continuerà sia nel passato che nel presente con altri episodi, ma soprattutto nel presente. Anche se siamo ancora lontani dalla realizzazione completa, quindi spero che niente si frapponga tra i desideri e i fatti. Intendo realizzare una saga in cui Azara, Dampyr e altri importanti personaggi, tra cui ovviamente Vassago, il Demone delle cose perdute, cercano di recuperare ognuno per suo conto i frammenti del cosiddetto Calderone della Conoscenza del Maestro della Notte Dagda, lo scienziato dei Maestri perito più di un millennio e mezzo fa. Questa saga inizierà l’anno prossimo, tra l’estate e l’autunno, e poi continuerà. Ci saranno dunque avventure che si svolgeranno in diverse parti del mondo, dall’Africa all’Europa, e che comporteranno la ricerca di questi frammenti del Calderone. E forse – dico forse – intorno al numero trecento, ci potrebbe essere uno scontro finale con Marsden: ipotizzo.
Un piccolo problema di Dampyr in questo momento è che sono l’unico a scrivere la continuity insieme ai rari apporti di Giusfredi e Falco, impegnati in altro. E soprattutto ho ceduto la maggior parte di miei disegnatori più pregiati a Tex. Il curatore di Tex me li ha portati via [cioè lo stesso Boselli, ndr]. Quindi ne chiederò in prestito qualcuno per poter realizzare questa saga.
Nell’attesa di poter scoprire di più su questa saga, non ci resta che ringraziare il Bos per la sua disponibilità, e dare appuntamento ai lettori di Dampyr per un 2023 ricco di sorprese e ottime letture.
Risorse Web:
Mauro Boselli su Wikipedia
Dampyr: tra vampiri e folklore affascinante – Intervista a Mauro Boselli
Pagina Facebook del film
Pagina Facebook di Dampyr
Bonelli Entertainment
Sergio Bonelli Editore
Christian Sartirana, Il parassita
La lunga gestazione del film
Quindi siete stati sul set ad apportare correzioni alla sceneggiatura, o comunque una volta consegnata è stata completamente presa in mano dal regista?
Ma, sbaglio, o qui c’è anche l’ambizione di proporre un modello di cinema diverso rispetto ai cinecomics americani? Una strada diversa, una strada italiana, un ritorno anche a un sano artigianato?
Questa seconda parte dell’avventura di Youghal, più incentrata sull’azione della precedente, è raccontata con ritmo veloce e serrato. Alcuni personaggi vengono messi in situazioni limite, faccia a faccia con la morte, e devono fare l’impensabile per sopravvivere: è il caso della dolce e tranquilla Roisin, che deve tirare fuori tutta la cattiveria e la forza di cui è capace. Dall’altro lato spicca l’arroganza del forte, il potente Verneris, che commette il grave errore di sottovalutare i suoi avversari. Nell’ultima parte la storia prende una piega dark fantasy, in cui scopriamo molti aspetti del mondo della Dimesione Oscura. Toccante poi il finale, in cui Maud rivede il suo rapporto con Fred, dopo aver temuto di perderlo, e in cui decide di prendersi cura delle ragazze che tanto hanno sofferto con lei in questa brutta avventura.
L’episodio è originale e divertente, trainato da un Groucho scatenato, che dà alla storia un taglio tragicomico. Impagabili le le sue contintue gag, come: «L’ossimoro è l’accostamento di parole di significato opposto: “felicemente” e “sposati”, “buon” e “avvocato”…», e via di seguito su questo tono.
In occasione dell’
Su internet si è un po’ scatenato un sorta di “Toto-Maestro” attorno al libro che Harlan trova alla fine del film. Vi abbiamo riconosciuto Draka e Amber. Qualcuno ha intravisto tra gli altri maestri Nergal, Vlatna, Erlik-Khan…
A distanza di un paio di settimane dall’uscita del film e in occasione della riedizione di
Majo considera una fortuna aver potuto lavorare sui personaggi di Dampyr fin dalla loro nascita, mentre in Tex ha fatto più fatica, essendo un personaggio già esistente. Vedere in carne e ossa i suoi disegni e i suoi personaggi lo ha emozionato: ha ritrovato sullo schermo le scene che aveva immaginato nella mente prima di tradurle in disegni.
La scorsa domenica, 13 novembre, si è tenuto a Galliate, nella meravigliosa cornice del Castello Visconteo Sforzesco, l’interessante incontro “Fumetto e cinema in 3D: Diabolik, Dampyr, Don Camillo”, a chiusura della rassegna “Dreaming. Il fumetto sul grande schermo”, accompagnata da una mostra in cui erano esposte, tra numerose opere e vetrine, sette tavole dello storyboard di
Spadavecchia è disegnatore per la Bonelli, ma ha anche esperienza nel settore cinematografico come storyboarder, per cui è risultato la persona più indicata per questo compito. Inoltre, non essendo un disegnatore di Dampyr, ha potuto fornire al regista una chiave di lettura visiva diversa rispetto ai colleghi che maneggiano quotidianamente il personaggio.
Ad arricchire gli interventi sono stati proposti due video. Un primo contributo è arrivato da uno dei curatori degli effetti speciali di Diabolik – Ginko all'attacco!, per il quale, al contrario di Dampyr, sono state effettuate molte riprese su green screen ed è stata necessario un massiccio lavoro di post-produzione al computer.
Risorse Web:
La ricerca continua, così, con l’aiuto del recalcitrante Oleg, che sembra ben informato sulle pratiche della setta e su cosa accada in quel luogo.
Disegni cupi e pieni di ombre, quelli di
Le riprese di Jonathan che informa la fidanzata Mina della sua imminente partenza per un importante affare sui Carpazi, vengono fermate da Murnau, che si è ritrovato suo malgrado a girare la scena di un musical. Il sabotaggio è opera del produttore Fox/Renfield, il quale vorrebbe un «film americano». I dialoghi surreali tra i due vengono soppiantati da un gioco di ombre partito con l’irruzione di Nosferatu: «Creare ombre è più importante che creare luce», afferma Murnau.
L’opera di Kellam e soci non si propone come fedele rappresentazione della vicenda di Murnau o di brani del film, quanto piuttosto come commedia musicale con tratti farseschi. Il punto è: una storia come quella di Nosferatu si presta a questo tipo di trattamento? A onor del vero, la risposta del pubblico è positiva, come dimostrano gli applausi e le frequenti risate alle battute e agli sfottò rivolti a qualche spettatore. La vicenda di Murnau, però, è soffocata dagli episodi del film, che hanno più spazio e risultano visivamente più forti, e se ne smarrisce un po’ il senso. E, nonostante si tratti di una commedia, le scene più riuscite sono quelle dai toni più drammatici, in particolare quella del confronto tra Nosferatu e Murnau, impreziosita da un bel gioco d’ombre, e quella della seduzione/sottomissione di Lucy, forte di una riuscita coreografia.
IL CAST
Sulle note di Walk on the Wild Side di Lou Reed, l’azione si sposta nei Balcani, nell’anno 1992. Una milizia dell’esercito, guidata dal comandante Kurjak, giunge al villaggio di Yorvolak, dove ha l’ordine di tenere la posizione. Il paese è spettrale e sembra siano tutti morti, nella chiesa c’è un’impressionante massa di cadaveri lacerati da orribili ferite. Un vecchio, unico sopravvissuto del villaggio, dice che è opera del diavolo e che l’unico a poterli salvare è il Dampyr. Il soldato Lazar sembra sapere di chi parli l’uomo e quando, la sera, molti commilitoni vengono uccisi da misteriosi nemici, Kurjak lo manda a prendere il Dampyr.
La dinamica regia di Chemello dà subito ritmo al film, veloce già nel prologo dal grande impatto visivo, che mostra lo scontro tra le Guardiane, che proteggono la casa in cui nasce Harlan in una magica bolla blu, e un impotente Draka avvolto da un vortice rosso fiamma. L’ambientazione balcanica risulta suggestiva e convincente in virtù della scelta di vere location in Romania (poco è dovuto agli effetti speciali e alle riprese in un teatro di posa), e mostra un clima di desolazione tipico di una zona di guerra, di cui non vengono nascosti vittime e orrori.
Gli attori sono tutti ben calati nelle rispettive parti, e particolarmente convicenti sono le interpretazioni di Stuart Martin e Frida Gustavsson.