lunedì 27 giugno 2011

Porti di Magnin - N.73

Titolo: PORTI DI MAGNIN, N.73
Autore: FRANCO PEZZINI, et al.
Pagine: 144
Edizione: Ass.Cult. PORTI DI MAGNIN, 05-2011
Sul numero di maggio di “Porti di Magnin”, periodico di Arti Scienze e Cultura, sono stati pubblicati gli atti del convegno “Tra arte e letteratura – Tra Italia e Giappone”, svoltosi nel febbraio dello scorso anno a Torino, in concomitanza della mostra “Dall’ukiyo-e all’illustrazione contemporanea: la grande grafica giapponese”.

Tra i vari saggi su manga e narrativa, su arte e ukiyo-e, sulle antiche cronache giapponesi, su angeli, volpi magiche, streghe e creature fantastiche nella cultura nipponica, sono vari i motivi di interesse della rivista per gli appassionati di vampiri. Già segnalammo la presenza alla mostra di Katsuya Terada, character designer dell’anime Blood: The Last Vampire.
Scopriamo tra gli atti un progetto assai promettente: il fumetto Kitsukiba – Storia romantica di code e di canini, tratto dal racconto vampiresco Storia romantica di code e di canini di Massimo Soumaré, pubblicato nell’antologia ALIA Autori Italiani (CS_libri, 2008). La storia di Soumaré verrà illustrata dal mangaka giapponese Ryo Kanai e pubblicata dalla Vittorio Pavesio Productions. Nell’intervista di Fulvio Gatti, Soumaré e Pavesio parlano di fumetto italiano e giapponese, dando qualche anticipazione sul loro lavoro, annunciato per quest’autunno. A corredo del testo si possono ammirare alcune stupende illustrazioni, tali da creare grande aspettativa per l’opera. Intanto si può ingannare l’attesa con uno stupendo art book di Kanai.

Il saggio che chiude la rassegna è un autorevole studio di Franco Pezzini, intitolato “Spire d’Oriente, immaginario d’Occidente”, in cui il vampirologo torinese propone un percorso nel Femminile allarmante tra Oriente e Occidente.
Dee e vampire, donne fatali e seduttrici dell’Est sono protagoniste di molteplici suggestioni orientali dell’immaginario occidentale: dalla dark lady Medea alla lussuriosa regina Semiramide, dalla regina di Saba a Cleopatra, fino alle “Dragon Lady”, misteriose dominatrici dell’Estremo Oriente. Non mancano le figure vampiresche, prima fra tutte Theda Bara, prima vamp del cinema.
Queste figure femminili rimandano alla figura della Grande Dea, che nella sua veste più minacciosa incarna due ambiti. È Assassina-Annunciatrice di Morte, spesso associata al serpente e ad uccelli rapaci, e come tale è all’origine dei miti della banshee e di Baba Yaga. Ma è anche Dea della Morte, con le fattezze della Gorgone arcaica, una potente divinità identificabile con Ecate, dea delle streghe. E nella schiera di Ecate vanno annoverate orchesse e protovampire, come Empusa e Lamia.
Probabilmente, in origine Lamia era la dea sumerica Lamm. L’etimologia del nome andrebbe quindi ricondotta, più che al greco, al punico laham (“mangiare”, “divorare”). Lamia, regina di Libia e figlia di Belo, si credeva rapisse e mangiasse bambini, resa folle dalla gelosia nei confronti di Era. Quella della lamia è una genia di mostri talvolta descritti come creature ermafrodite, con testa e seni femminili, corpo ferino coperto da squame, zampe con artigli e zoccoli, in grado di tramutarsi in avvenenti fanciulle.
Altra creatura notturna e sanguinaria era l’empusa, come quella di cui narra Filostrato nella Vita di Apollonio di Tiana. Apollonio era un filosofo, mistico e taumaturgo, contrapposto dai pagani alla figura del Cristo. Fu lui a smascherare l’empusa che insidiava, con le fattezze di bellissima donna, il suo allievo Menippo, rivelandone la natura mostruosa. Una importante riproposizione dell’episodio si deve a Robert Burton, che, nella Anatomy of Melancholy, sostituisce l’empusa con una lamia, concreta donna-serpente fatata, mentre il ruolo di Apollonio si riduce alla rivelazione della natura del mostro: il filosofo diventa portavoce dell’inesorabilità della ragione nel dissolvere gli spettri, compresi quelli della sensualità. John Keats ben conosceva l’opera di Burton quando, nel 1819, scrisse il suo poemetto Lamia, in cui la leggadria di Lamia contrasta aspramente con la brutalità del cacciatore. D’altra parte, la stessa indeterminatezza della natura della Donna Serpente, sospesa tra bontà e malvagità, rivela molto degli stereotipi e dei pregiudizi, sessuali ed etnici, del nostro civilissimo Occidente.

Risorse Web:
Blog di Soumaré
Sito della mostra
CS_libri
Vittorio Pavesio Productions
Le vampire dell’antichità classica: Empuse e Lamie
Intervista a Franco Pezzini
 

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