giovedì 30 luglio 2020

Cristiana Astori, “Tutto Quel Buio”

Titolo: TUTTO QUEL BUIO
Autore: CRISTIANA ASTORI
Anno: 2018
Copertina: CORINNA GUERCINI
Edizione: ELLIOT - LIT EDIZIONI
ISBN: 9788869935084
Pagine: 258
Risale a circa un paio di anni fa la pubblicazione del quarto (e per ora ultimo) volume della saga di Susanna Marino, cacciatrice di film perduti ideata dalla scrittrice astigiana Cristiana Astori, già autrice di racconti vampireschi, come Tu mi fai sangue. In quest’ultimo libro, la Marino affronta la ricerca di una pellicola vampiresca ed ha a che fare con personaggi dalla natura ambigua (forse, appunto, dei vampiri). Ma già nei capitoli precedenti, l’ex studentessa dichiarava la sua passione per il genere vampiresco, tanto da chiamare la sua gattina Carmilla, e le capita di citare Stoker e film come London After Midnight, Nosferatu, L’ultimo uomo sulla terra.
Ripercorriamo velocemente la saga, costituita da quattro romanzi e un racconto, tutti editi nella collana “Il Giallo Mondadori”, a eccezione dell’ultimo volume, pubblicato da Elliot.
Tutto quel nero (2011) è il primo, bellissimo, romanzo del ciclo. Susanna è incaricata di trovare il documentario perduto Un día en Lisboa di Alfonso Nieva, in cui compariva l’attrice Soledad Miranda, musa del regista Jess Franco. Già la presenza della Miranda nel romanzo, alter ego di Susanna, costituisce un motivo di interesse per gli appassionati di vampiri. Ma a questa si aggiungono vari passaggi che descrivono momenti della produzione dei più noti film vampireschi di Franco: Il conte Dracula, che con la Miranda/Lucy vedeva protagonisti Christopher Lee e Klaus Kinski, Un caldo corpo di femmina con Lina Romay, e, soprattutto, il cult Vampyros Lesbos, di cui Susanna è chiamata a reinterpretare la sequenza del sensuale ballo di Soledad.


In Tutto quel rosso (2012) Susanna cerca la versione inedita di Profondo rosso di Dario Argento. In Tutto quel blu (2014) la caccia è alla videocassetta pirata del film L’autuomo di Marco Masi. Nel racconto Tutto quel pulp (nell’antologia “Delitti in giallo”, 2015), la nostra eroina si trova invischiata nell’omicidio di Vincent Cosentino, regista di film come Kill Bob e Pulp Stories. Veniamo quindi alla trama dell’ultimo libro, intitolato Tutto quel buio.

Susanna Marino è una giovane laureata che, priva di occupazione stabile, talvolta si occupa di reperire film introvabili. In una fredda sera di febbraio assiste alla sonorizzazione del Nosferatu di Murnau ad opera dell’ensemble ungherese Bela Lugosi’s Quartet, che la colpisce in particolare con il brano Max Schreck Symphony.
Quella stessa notte Susanna riceve la telefonata di uno sconosciuto, che le offre un lavoro e le dà appuntamento per la notte seguente al cimitero. Il committente è il professor Cristoforo Altavilla, appassionato di film di vampiri, che ha saputo del suo talento di cacciatrice di pellicole. Nella sua biblioteca Susanna nota i preziosi libri di Ranft, Penrose, Manfredi, Pezzini. Dietro un compenso di ventimila euro, Altavilla le chiede di trovarargli una copia di un film perduto e introvabile, Drakula halála, che fu diretto nel 1921 dall’ungherese Károly Lajthay e che sarebbe il primo film della storia a essersi ispirato a Dracula, un anno prima di Nosferatu.
Pressata dalle necessità economiche, la Marino accetta il lavoro e prende il treno per Budapest. Per parte del viaggio condivide la cabina con i Bela Lugosi’s Quartet, tra i quali si fanno notare l’affascinante violinista Sándor e l’aggressiva arpista Magda. Giunta a destinazione, Susanna si sistema nell’economico Kempinski Excelsior Hotel nel quartiere di Erzsébetváros, dove viene accolta dal proprietario, Péter Moran.


Intanto a Budapest la caccia alla pellicola ha già fatto la prima vittima: il cacciatore Albert Farina, assoldato da un concorrente di Altavilla, è stato ucciso, e Susanna è sulla lista dei sospettati.
La cacciatrice trova la prima traccia da seguire quando scopre dell’esistenza di una nipote di Lajthay. Franziska Novák si dimostra scontrosa e sospettosa, e solo l’intervento di Sándor riesce a strapparle la promessa di cercare i diari dello zio.
In seguito a questo ritrovamento, Susanna scoprirà la storia di Margit Lux, protagonista femminile del Drakula halála, verrà conquistata dal fascino di Sándor, e sarà coinvolta in una serie di crimini, di guai e di rocambolesche fughe sui tetti gelati di Budapest. Per sua fortuna giungerà in città anche il suo amico (e forse concorrente) Steve Salvatori, perché chi le si era mostrato amico rivelerà ben altre intenzioni. La famigerata pellicola verrà fuori in una vecchia e cadente casa di Erzsébetváros: chi riuscirà a metterci le mani sopra per primo?


Tra i maggiori punti di forza del romanzo ci sono i personaggi costruiti dall’autrice. Su tutti, la protagonista Susanna, che con le sue fragilità e le sue piccole manie non può che destare la simpatia del lettore: ha un pigiama nero con gli scheletri di Tim Burton, la suoneria della colonna sonora di 1997: Fuga da NewYork, e guarda «troppi film»; tormentata dal “fantasma” del suo ex, di cui spesso rivive la morte e di cui si sente responsabile, è cronicamente distratta e talvolta subisce attacchi di narcolessia. I comprimari pure sono ben costruiti: Sándor con il suo italiano sgangherato e l’alone di mistero che lo circonda; la gelosa e inquietante Magda, con i suoi capelli platinati e le pulsioni nascoste; l’egoista Altavilla, che manda Susanna allo sbaraglio, rivelandosi un narcisista ed esaltato fanatico; l’immancabile Steve, che nasconde dietro il suo cinismo un profondo affetto per Susanna.
Nei romanzi del ciclo, anche i mostri hanno un certo rilievo e rivelano l’appartenenza a due tipi. I primi, impalpabili e quindi fantastici, non si sa bene se provengano da una dimensione immateriale o dalla mente dei protagonisti, mostrandosi come fantasmi evocati dalle proiezioni di film maledetti oppure sfuggenti vampiri che procurano alle loro vittime vampirizzate/sedotte una sete inestinguibile; in ogni caso, sono facili da scacciare: basta ritirare loro l’invito o ridestarsi. Ben più spaventosi sono i cinici squali che sguazzano nel mondo dei cacciatori di pellicole, persone senza scrupoli che lascerebbero uccidere un compagno pur di mettere le mani su un film introvabile.
Altro fattore di pregio è la scrittura della Astori, che sa catapultare il lettore negli ambienti in cui si svolge la vicenda: strade buie che riflettono le luci della notte, pub dall’atmosfera post-horror pieni di clienti che parlano bisbigliando, case fatiscenti in cui si levano figure scheletriche.
In definintiva, Tutto quel buio si rivela tra i migliori capitoli della saga: romanzo solido, ben ritmato, scandito da sapienti colpi di scena che mettono la protagonista nelle situazioni più difficili e avvincenti.

Risorse Web:
Cristiana Astori su Wikipedia
Intervista di MilanoNera.com
Elliot Edizioni
 

sabato 25 luglio 2020

Drakula halála

Titolo: DRAKULA HALÁLA
Regia: KÁROLY LAJTHAY
Soggetto e scen.: KÁROLY LAJTHAY, MIHÁLY KERTÉSZ
Interpreti: PAUL ASKONAS (Drakula), DEZSÖ KERTÉSZ (George), MARGIT LUX (Mary)
Durata, Col., Orig.: 65’, B/N muto, UNGHERIA-AUSTRIA
Produz.: LAPA FILM STUDIO, CORVIN FILM
Anno: 1921

Nei saggi su cinema horror e vampiresco pubblicati prima degli anni Novanta, il film accreditato come prima trasposizione cinematografica del romanzo Dracula di Bram Stoker era Nosferatu. Sul finire del secolo scorso si è diffusa, però, la notizia di un paio di pellicole che avrebbero preceduto il capolavoro di Murnau, ma solo di una di queste si hanno notizie certe: è il Dracula halála del regista ungherese Károly Lajthay, girato nel 1920-21. La pellicola è al centro dell’ultimo romanzo di Cristiana Astori, di cui tratteremo prossimamente.
Lo studio che ha divulgato la gran parte delle notizie di cui si dispone sul film, è il saggio intitolato “Drakula halála (1921): The Cinema’s First Dracula”, scritto da Gary D. Rhodes della Queen’s University di Belfast. L’articolo, pubblicato in origine sul primo numero di “Horror Studies” nel 2010 (pp. 25-47), è disponibile gratuitamente in versione digitale.
In effetti, come spiega Rhodes, Drakula halála non è propriamente una trasposizione di Dracula, ma piuttosto una libera interpretazione che riprende le idee fondamentali del romanzo. Non sono sopravvissute copie del film e le poche notizie reperite dallo studioso provengono da un rarissimo romanzo ungherese tratto dal film, uscito nel 1924 e ritrovato recentemente. Il saggio di Rhodes ne presenta la prima traduzione in inglese.
Secondo Troy Howarth, tra gli autori del volume Tome of Terror (Midnight Marquee Press, 2016), esisterebbe invece ancora una copia in un archivio ungherese (cfr. IMDB e Wikipedia).

Károly Lajthay (1885-1945) negli anni 1910 fu importante cineasta in Ungheria. Occasionalmente lavorò da sceneggiatore e produttore, ma fu soprattutto regista e attore; lavorò al fianco di Bela Lugosi e collaborò spesso con il regista e sceneggiatore Mihály Kertész, il quale, con lo pseudonimo di Michael Curtiz, avrebbe conquistato in seguito fama planetaria con il film Casablanca (1943).

La sceneggiatura fu redatta da Lajthay e Kertész. Per il cast furono scelti Paul Askonas (nel ruolo di Drakula), membro del Deutsches Volkstheatre di Vienna, Dezsö Kertész (nel ruolo di George), fratello di Mihály, e Margit Lux, che interpretava l’eroina Mary Land e aveva già lavorato in alcuni film diretti da Kertész. Qualcuno ha ipotizzato che il ruolo di Mary fosse conteso da un’altra interprete, perché una rivista dell’epoca annunciava per questa parte la pressoché sconosciuta Lene Myl (ma è molto probabile si trattasse di un errore dei redattori). In ogni caso, la Myl ricoprì un ruolo minore nella pellicola, forse un’infermiera o una delle mogli di Dracula. Nel cast, tra le altre possibili mogli del conte, c’erano anche Anna Marie Hegener, Sonja Magda e Paula Kende. Altri interpreti erano Lajos Réthey (“Finto chirurgo”), Karl Götz (“Uomo buffo”), Elemér Thury e Aladár Ihász.
Gli esterni furono girati nei dintorni di Vienna nel dicembre 1920. Dal 2 gennaio 1921 le riprese continuarono nei Corvin Studio di Budapest. Altri esterni furono girati in seguito a Wachau Valley, presso Vienna.

La prima si tenne a Vienna nel febbraio 1921, ma non si hanno notizie di proiezioni a Budapest fino al 14 aprile 1923, con repliche nelle settimane successive. Il sito ungherese Hitchcock.hu dà notizia di alcune proiezioni a Esztergom, in Ungheria, il 21, 22 e 23 marzo 1923; IMDB.com indica anche la Germania tra i paesi in cui, nel marzo 1922, sarebbe uscito il film.
Da allora il film scomparve nel nulla, insieme a tutte le copie esistenti. Negli ultimi anni sono state ritrovate in Ungheria quattro fotografie pubblicitarie del film, tra cui un ritratto di Lene Myl e uno di Askonas nella parte di Drakula, vestito di nero e con gli occhi luccicanti.

Le altre due immagini ritrovate sono delle foto di scena, testimoni dell’influenza dell’Espressionismo sull’opera di Lajthay. Nella prima ci sono Drakula, Mary Land e le spose, forse in una scena delle nozze; la seconda ritrae Drakula e una spaventata Mary presso una porta aperta, da cui si scorge uno stilizzato e plumbeo panorama.

Del film sopravvive anche una riduzione in romanzo, dal titolo omonimo, probabilmente scritta da Lajos Pánczél e pubblicata a Temesvár nel 1924. La traduzione in inglese è di Gary D. Rhodes e Péter Litván. Proponiamo qui un riassunto della trama, plausibilmente fedele a quella del film.

La morte di Drakula di Lajos Pánczél
La giovane Mary Land vive sola in una piccola casa di un villaggio montano. Si dà molto da fare con il suo lavoro di sartoria per mantenere il padre, ricoverato in manicomio. Unico conforto di Mary è il fidanzato, il tagliaboschi George Marlup, che vive nel villaggio vicino. La sera di Natale Mary viene informata da una lettera dell’aggravarsi delle condizioni del padre e viene accompagnata da George nella triste struttura.
Il dottor Tillner conduce la ragazza nel giardino e le presenta alcuni ospiti. Mary è colpita in particolare da un uomo alto e magro, avvolto in un mantello, che la fissa minaccioso: è un ex insegnante di musica di Mary, che però sostiene di essere Drakula l’immortale.
Più tardi, scampata a due pazzi che pretendevano di operarla, Mary viene condotta al capezzale del padre, che abbraccia un’ultima volta e vede spirare.
Sconvolta, Mary si addormenta su un divano, ma viene rapita da Drakula e condotta in un castello. Il rapitore dichiara la sua intenzione di farne una delle sue spose con il «bacio immortale». La sera successiva, Mary viene vestita con il suo abito da sposa e condotta al grande salone per la festa delle nozze. Un’infernale marcia nuziale accompagna la danza lasciva di alcune ballerine, mentre gli sposi sono investiti da una pioggia di fiori e un odore di morte. Chinandosi a baciare Mary, Drakula viene, però, respinto dal crocifisso di lei. Drakula e gli spiriti infernali scompaiono, e Mary riesce a fuggire dal castello. A quel punto si risveglia nel manicomio: sembra sia stato tutto un orribile, ma fin troppo realistico, sogno.
Nel giardino, per dimostrare la sua immortalità, Drakula accetta di farsi sparare da un pazzo soprannominato l’Uomo Buffo e cade a terra senza vita. Mary viene portata via da George, giunto nel frattempo, verso una vita felice, ma rifiuta di raccontare al fidanzato il suo inquietante sogno.

Risorse Web:
Dracula halála (1921): The Cinema’s First Dracula” di Gary D. Rhodes
Scheda di Dracula halála su IMDB.com
Dracula halála su Wikipedia
Dracula halála sul sito ungherese Hitchcock.hu

lunedì 20 luglio 2020

Il primo Dracula della storia del cinema

La recente pubblicazione del romanzo Tutto quel buio di Cristiana Astori, incentrato sulla ricerca della pellicola perduta Drakula halála e del quale tratteremo prossimamente, ci dà l’occasione per porci un quesito tutt’altro che banale sul cinema di vampiri: quale fu il primo film a portare Dracula sullo schermo?
A questa domanda molti risponderebbero senz’altro Nosferatu il vampiro. Il capolavoro di Murnau, sopravvivendo rocambolescamente alla distruzione delle copie decretata da un tribunale tedesco, per violazione del diritto d’autore ai danni della vedova Stoker, uscì però nel 1922: sembra sia stato preceduto da almeno una pellicola, secondo alcuni da addirittura tre.
Già nel 1997 Massimo Introvigne, nel fondamentale La stirpe di Dracula. Indagine sul vampirismo dall’antichità ai giorni nostri (Mondadori, 1997), accennava alla questione: «Gli anni 1920 hanno prodotto, oltre al Nosferatu di Murnau, soprattutto film di cui non esistono più copie. Fra questi ci sarebbero due Dracula – uno russo del 1920 e uno ungherese del 1921 – di cui si sa pochissimo, e che evidentemente sfuggirono all’attenzione e agli avvocati di Florence Stoker» (Introvigne, cit., p. 317).
Oggi abbiamo maggiori notizie sulle pellicole che si candidano a strappare il primato a Nosferatu, grazie soprattutto alle scoperte divulgate sul finire del secolo scorso dallo storico Jenø Farkas riguardo alla pellicola ungherese (citato in Giorgio Cremonini, Dracula, L’Epos, 2007, p. 72).
Il testo italiano che fornisce le maggiori informazioni su questi film è il documentatissimo The Dark Screen. Il mito di Dracula sul grande e piccolo schermo di Franco Pezzini e Angelica Tintori (Gargoyle Books, Roma, 2008): «Nosferatu non è il primo film dedicato a Dracula, ma delle pellicole precedenti si sono sostanzialmente perse le tracce. L’Istituto Nazionale di Cultura Cinematografica di Mosca cita un Drakula del 1920 e nello stesso anno sarebbe apparsa una versione rumena, ma sull’uno e sull’altra non sappiamo quasi nulla; mentre nel 1921 in Ungheria compare Drakula halála (La morte di Dracula) di Károly Lajthay, che ha la particolarità di essere sceneggiato dal quel Mihaly Kertesz a noi più noto con il nome americanizzato di Michael Curtiz, regista di Casablanca (1942). Anche questo film non è rintracciabile, ma le poche notizie rimaste fanno credere che non avesse molto a che vedere con Stoker» (Pezzini e Tintori, cit., p. 130).


Le pellicole che secondo gli studiosi potrebbero fregiarsi del primato di prima versione cinematografica di Dracula sono quindi tre: il Drakula russo (1920), il Dracula rumeno (1920) e l’ungherese Drakula halála (1921).
Dei primi due film non ci risultano altre notizie attendibili, ed è ancora da dimostrare la loro stessa esistenza. Del Dracula rumeno è difficile trovare perfino dei cenni, oltre a quelli citati. Del Drakula russo, nominato tra i primi da Gordon Melton (The Vampire Book. The Encyclopedia of the Undead, Visible Ink Press, 1999, pag. 203; riedizione della prima edizione del 1994), si è discusso recentemente, in seguito alla notizia, divulgata dal sito russo Dimitrovgrad Panorama, della ricomparsa del film in Serbia. Purtroppo non c’è alcuna conferma di questo ritrovamento, e potrebbe trattarsi di una bufala. Qualcuno ipotizza si tratti di una piccola produzione realizzata in Crimea. L’ipotesi secondo cui il film sarebbe stato diretto da Victor Tourjansky sembra poco credibile. Probabile, invece, una eventuale distruzione del film, se mai è stato girato, durante la Guerra Civile Russa. Nel frattempo sono comparsi in rete un presunto estratto del film e la locandina (figura in alto). Il video è stato pubblicato su Youtube il 24 maggio 2013 da tale Clara Stanic, sul cui profilo non risulta alcuna informazione e sul cui canale non sono presenti altri filmati.
Si tratta evidentemente di falsi, ma a nostro avviso risultano suggestivi e pregevoli per la fattura, riflettendo un gusto ispirato al classico Nosferatu, per cui meritano senz’altro la visione.



Del Drakula halála, invece, sono emerse molte informazioni negli ultimi anni. È, quindi, a questo titolo che bisogna, per il momento, riconoscere il primato di primo film ispirato a Dracula, essendone stata dimostrata inconfutabilmente l’esistenza. Tratteremo ampiamente di questa pellicola nel prossimo articolo.

Risorse Web:
Dracula (lost Russian film; existence unconfirmed; 1920)
Notizia di Wikipedia sul Drakula russo
Pagina Youtube di Clara Stanic

martedì 7 luglio 2020

Dampyr - N.244

Testata: DAMPYR, N.244
Episodio: HARLAN CONTRO SHO-HUAN
Testi: MAURO BOSELLI
Disegni: ARTURO LOZZI
Copertina: ENEA RIBOLDI
Lettering: OMAR TUIS
Pagine: 96
Edizione: BONELLI, 07-2020

È da qualche giorno in edicola Harlan contro Sho-Huan, seconda e ultima parte della storia doppia iniziata con l’episodio Silverpilen.

Harlan ha la pistola puntata contro Milius, convinto di non avere più di fronte il suo amico, ma Sho-Huan, che si sarebbe impossessato del suo corpo. Sho-Huan/Milius riesce a rassicurarlo sulla sua identità, ma è solo un trucco per sottrargli la pistola. Il viaggiatore del Multiverso è, però, in difficoltà: a furia di spostarsi tra i mondi, è diventato instabile, e spesso si ritrova involontariamente in piani dimensionali pericolosi. È quello che gli sta capitando in questo momento, e, per qualche motivo, sta trascinando con sé Harlan. Per rigenerarsi, Sho-Huan vorrebbe fermarsi per un po’ e vivere una vita tranquilla, magari quella di Milius. Il dampyr, dal canto suo, non può uccidere il suo nemico, se non vuole far fuori anche Milius, e deve suo malgrado aiutarlo.
Il primo in cui si ritrovano è un mondo da incubo, abitato da enormi creature di roccia. Dopo un tentativo di mollare Harlan salendo da solo sul Silverpilen, Sho-Huan trascina entrambi in una piana costellata di enormi cristalli, che sembrano animarsi con le immagini riflesse dei loro alter ego. Passando per il mondo delle Ombre e per quello dei Cacciatori, i due nemici raggiungono sul Silverpilen la Londra del 1890. Qui Sho-Huan era ancora un normale essere umano, il mago illustionista John Ross. Il suo piano di fondersi alla sua versione più giovane sarà ostacolato da Harlan, a cui si unisce un alleato d’eccezione, Aleister Crowley.

Lo scontro finale con Sho-Huan vede un cambio di tono e ambiente rispetto all’episodio precedente. Questa volta la trama si dipana attraverso i vari mondi visitati dai due avversari, tra tesi battibecchi e provvisorie alleanze. In un gioco di specchi, Harlan e Sho-Huan vedono affrontarsi anche i loro alter ego, e ne risulta vincente lo spaventoso Maestro della Notte che abita l’animo di Harlan. La versione giovane di Sho-Huan, ovvero l’illusionista John Ross, dimostra ambizione e sete di potere, ma pure sufficiente buon senso da rifiutare la strada del male, rivelando così che nell’animo del villain c’è anche del buono.
Carichi d’atmosfera e suggestivi come sempre i disegni di Lozzi. I giochi d’ombre restituiscono un Harlan tenebroso e personaggi dai volti espressivi, tra cui un inedito Milius malvagio. Mostri spaventosi e ben realizzati, poi, si muovono sullo sfondo di location surreali.



Risorse Web:
Mauro Boselli su Wikipedia
Blog di Arturo Lozzi
Sergio Bonelli Editore
Pagina Facebook di Dampyr

mercoledì 1 luglio 2020

Vampyres

Titolo: VAMPYRES (Vampyres)
Regia: VÍCTOR MATELLANO
Soggetto e scen.: VÍCTOR MATELLANO, JOSÉ RAMÓN LARRAZ
Interpreti: MARTA FLINCH (Fran), ALMUDENA LEÓN (Miriam), CHRISTIAM STAMM (Ted)
Durata, Col., Orig.: 76’, C, SPAGNA
Produz.: ARTISTIC FILMS, et al.
Anno: 2015
Edizione: MIDNIGHT FACTORY, 2019
Extra: TRAILER, Booklet

Negli ultimi tempi, nonostante all’estero si produca una buona quantità di film vampireschi, nel mercato dell’home video italiano poco è stato tradotto e pubblicato. Tra le case di distribuzione che, un po’ in controtendenza, hanno dato spazio a questo genere, spicca la Midnight Factory, anche per la cura prestata alle proprie edizioni. Non tutti i titoli, però, brillano particolarmente per qualità, com’è il caso di Vampyres di Víctor Matellano, remake del cult movie omonimo (uscito in Italia con il titolo di Ossessione carnale), diretto nel 1974 da José Ramón Larraz.

Peter e Ann, in viaggio in motocicletta attraverso un bosco, per evitare una donna avvolta in un mantello e ferma in mezzo alla strada, sbandano e finiscono a terra. Rialzatosi, Peter viene sorpreso alle spalle e ucciso, e Ann portata via. Non molto dopo, alcuni loro amici, con cui avevano appuntamento, passano dallo stesso punto: la fotografa Harriet, il musicista Nolan e John. I tre montano una tenda in un boschetto alla Blair Witch Project, non lontano da un lago e presso una vecchia casa. La scampagnata è stata organizzata per far dimenticare a Nolan la sua ex, che l’ha da poco lasciato. Harriet, che scatta foto su foto, è catturata dall’atmosfera del luogo, dove sembra siano scomparse diverse persone, e le sembra di rivivere l’esperienza creativa vissuta sul lago di Ginevra dal gruppo di Shelley, Byron e Polidori.
Un uomo di nome Ted, giunto nella zona in seguito alla notizia della scomparsa di una ragazza, carica in auto un’autostoppista, la stessa figura incappucciata incontrata da Peter e Ann. L’avvenente donna dice di chiamarsi Fran, ma risponde evasivamente a ogni altra domanda. Portata a destinazione, la solita vecchia casa nel bosco, invita Ted a entrare, gli offre un buon vino dei Carpazi e lo seduce. Al risveglio, l’uomo è da solo, ferito a un braccio, ed esce dalla casa per chiedere aiuto a Harriet. Verrà però riportato nella casa da Fran, che lo userà come giocattolo sessuale, ma anche come riserva di sangue da centellinare, a differenza di altre vittime uccise immediatamente dopo le sevizie. Fran e la sua compagna Miriam, infatti, sono due vampire, dedite all’amore saffico e a sadici incontri con sconosciuti che fanno loro da cena.
I campeggiatori scopriranno a loro spese la natura delle due, mentre Ted sembra sapere chi sta affrontando, e la sua presenza non sarà priva di conseguenze.

Vampyres è un film che fallisce nel suo doppio intento di spaventare e di stuzzicare. Il ritmo lento già annoia, e fotografia e colonna sonora non aiutano affatto. Alcuni elementi, nuovi rispetto all’originale, sembrano buttati lì e lasciati irrisolti, destando perplessità nello spettatore: personaggi che non hanno alcuna funzione narrativa (come un’albergatrice, interpretata da una spaesata Caroline Munro, che compare in varie scene senza apportare nulla alla storia), amuleti di cui viene suggerita l’importanza ma di cui nulla viene detto (i ciondoli tolti alle vampire), fotografie di defunti mostrate in più scene senza alcun motivo, il riferimento gratuito e ridondante a Gautier, l’identità non svelata dei protagonisti. Neanche la componente erotica risolleva il film, poiché non molto di erotico riescono a trasmettere le due siliconate vampire, dalla carica sensuale piuttosto scialba. Basti da esempio la scena cardine del film, ripresa anche nella locandina, in cui le due vampire si accarezzano in una vasca piena di sangue: l’esibizione dei corpi risente di un eccessivo autocompiacimento registico che rende il tutto finto e piatto, complice una fotografia decisamente poco ispirata.
Avesse sviluppato una storia originale, questo mediocre Vampyres si sarebbe potuto guardare con occhio più benevolo. È in particolare il confronto con Ossessione carnale che condanna senza appello il film di Matellano, che pure vanta la collaborazione alla sceneggiatura di Larraz, incompiuta per la scomparsa del maestro nel 2013. Meglio sarebbe stato, magari, riproporre l’originale di Larraz, mai pubblicato in DVD in Italia: film autenticamente morboso, soffuso di un sadismo in parte sapientemente occultato, con buone interpretazioni, splendide location e un ritmo sì lento, ma che acquista senso in virtù di una tensione tangibile e protratta lungo tutta la durata della visione.



Risorse Web:
Scheda di Vampyres su IMDB.com
Scheda di Ossessione carnale su IMDB.com
Sito ufficiale di Matellano
Midnight Factory