lunedì 4 gennaio 2021

AAVV, “Brucolaco il Vampiro Greco”

Titolo: BRUCOLACO IL VAMPIRO GRECO
Autore: AAVV
Anno: 1850-1933
Edizione italiana: ETPBOOKS, 2016
Traduzione e cura: MAURIZIO DE ROSA
Copertina: Giacomo Borlone de Buschis, Danza macabra (1485)
ISBN: 978-618-82656-1-5
Pagine: 88

La casa editrice ateniese ETPBooks ha dato alle stampe qualche tempo fa, in varie lingue, un’antologia di racconti di grande interesse, offrendo per la prima volta in Italia l’opportunità di leggere autori greci che tra secondo Ottocento e primo Novecento hanno trattato la figura del brucolaco, ovvero della versione ellenica del vampiro.

Dalla breve ma illuminante introduzione di Álvaro García Marín, apprendiamo che, nonostante le origini del vampiro letterario occidentale affondino nel folklore balcanico e orientale, la prima creatura vampiresca a comparire nella letteratura moderna fu il brucolaco greco: già ai primi del Cinquecento lo citava Antonio de Ferraris nel trattato De situ Japygiae. Dello scarso riconoscimento dell’influenza culturale di questa figura sarebbe in parte responsabile l’affermarsi tra gli intellettuali europei nei secoli scorsi di «una scala gerarchica e di valore tra la grecità “alta” dell’antichità e la grecità “media” e “bassa” […] contemporanea». Ne è prova il fatto che la fede ortodossa agli occhi degli occidentali veniva considerata «scismatica ed eretica», concezione alla cui luce appare emblematica la figura del brucolaco, simbolo del «rude materialismo superstizioso del cristianesimo orientale».
Nel Settecento il brucolaco diventava segno dell’arretratezza culturale della Grecia, com’è evidente nella Relation d’un voyage du Levant di Joseph Pitton de Tournefort, del 1717, che descriveva l’apparizione di un brucolaco a Mykonos nel 1700. Come testimoniano le opere di Byron e Polidori, nei primi decenni dell’Ottocento il brucolaco era ancora considerato capostipite dei vampiri, ma da allora iniziò una progressiva “slavizzazione” del non-morto. Saranno poi gli stessi greci a recuperare questa figura del foklore, a partire dal 1860, in buona parte grazie agli autori presenti in questa raccolta, i cui racconti, riconducibili al filone naturalistico e agreste dell’ithografia, furono pubblicati tra metà Ottocento e inizio Novecento.

Alèxandros Papadiamandis, Il fantasma
Nel vicolo del paese di un’isola greca dove vive la famiglia di Jannis, sembra si aggiri il fantasma di una donna musulmana, con il volto coperto dal velo. Un giorno la moglie di Jannis ha la sfortuna di incontrare lo spettro faccia a faccia, e torna a casa in preda al terrore e alla febbre. Da allora inizia a deperire e non sarà più la stessa, nonostante le preghiere del prete e le cure della suocera Pandelù. Poco dopo la famiglia viene colpita anche dalla disgrazia della perdita delle proprietà che costituiscono la fonte di reddito della famiglia.
La storia, datata 1890, risulta interessante soprattutto nello sviluppo dei rapporti famigliari. Figura centrale è la matriarca Pandelù, che dice di amare molto la nuora e la cura personalmente – salvo poi non preoccuparsi di alzarsi per accudirla di notte o di portarle una bevanda calda. Cruda e ironica la rivelazione finale, per cui la nuora, lasciata dall’autore significativamente senza nome, subirà le conseguenze dell’amore eccessivo della suocera.

Kostas Pasaghiannis, Il castello infestato
Nel cortile del castello diroccato di Dramalù crescono dei fichi, i cui saporosi frutti non vengono toccati dai vicini paesani perché si ritiene siano il cibo di un fantasma. Liakas, il giovane più coraggioso del villaggio, decide per sfida di andare a cogliere i fichi maledetti. Al tramonto il prete e due compaesani vanno a cercarlo e lo trovano privo di sensi. Le preghiere e gli esorcismi di padre Xydeas risultano inefficaci e questi conclude che il peccatore Liakas sia sotto il dominio di spiriti malvagi. Per evitare che si trasformi in brucolaco, il giovane viene seppellito, scelta che porterà gravi conseguenze.
È questo un racconto puramente fantastico, in cui l’autore lascia abilmente indeterminate le cause dello svenimento di Liakas, ma è soprattutto un delizioso ritratto della vita del villaggio, con le superstizioni e le credenze dei paesani, primo fra tutti il prete, vero colpevole della tragedia che vi si consuma.

Konstantinos Kazantzìs, La tomba
Nel cimitero di Archimandriò sorge l’imponente monumento funebre di Alexis Vasilìu, ricco e corrotto latifondista. Era stato lo stesso occupante ad averne condotto i lavori di costruzione: la tomba fu collocata in una cripta sotterranea chiusa da una porta di ferro, che venne poi ricoperta di terra. Sette anni dopo il funerale, i figli fanno recitare la messa di suffragio per il padre, rispettando la sua volontà di non far traslare i resti. Tre giorni dopo si verifica un nubifragio, e l’acqua dell’alluvione inonda il cimitero, trascinando davanti alla chiesa il cadavere di Vasilìu, rimasto in condizioni perfette: secondo i vecchi del villaggio la causa è la scomunica che l’uomo aveva subìto da vivo per la sua avidità.
La visione della vita che qui emerge, è basata su una commistione di superstizione e religione: in particolare è la scomunica ad avere effetti disastrosi. Anche chi deride le credenze e vive nel peccato deve attendersi una punizione oltremondana: gli infedeli non sono commemorati da nessuno e non ricevono messe di suffragio.

Achilleas Paraschos, Il figlio del brucolaco
All’epoca del dominio turco, a Livadià viveva la signora Rini, vecchia e apprezzata levatrice. Un sabato d’inverno, a mezzanotte, giunse a chiedere i suoi servigi un giovane vestito di nero, con occhi ardenti, lunghi capelli neri, e un volto barbuto e cadaverico. Dopo una cavalcata furiosa, i due giunsero a una caverna, e l’uomo avvisò la levatrice che se fosse venuto al mondo un maschio sarebbe stata per lei una notte fortunata, ma se fosse nata una femmina o se il nascituro non fosse sopravvissuto, la levatrice ne avrebbe sofferto. Mentre l’uomo divorava dei kòlliva, i dolci delle messe di suffragio, la levatrice aiutò la moglie a mettere al mondo un piccolo brucolaco.
Uno dei migliori racconti della raccolta, forte di un’atmosfera sinistra e macabra, per l’ambientazione tombale e soprattutto per il personaggio del brucolaco, spaventoso e inquientante. Questo vrykolakas è spietato e appare sorprendentemente moderno, simile per molti versi ai vampiri dell’immaginario contemporaneo. Anche qui emergono alcuni aspetti curiosi del folklore greco, come i dolcetti offerti per il suffragio, e il particolare significato attribuito alla notte del venerdì e ad alcuni giorni dell’anno.

Alèxandros Moraitidis, Kukkitsa
Un’isola greca. Padre Konomos, già vedovo, ha subìto di recente la perdita della figlia diciassettenne Kukkitsa. La ragazza era il suo braccio destro, tanto da guadagnarsi il soprannome di diaconessa, e aveva dedicato particolare cura alla cappella di Sant’Antonio, per la quale aveva ricamato la croce dell’iconostasi e in cui aveva provveduto alle pulizie e all’accensione dei lumini a olio. Konomos inizia a cercare conforto nella cappella, fermandovisi ogni sera al ritorno dai campi. Ma, notando che la cappella è sempre pulita e illuminata, tra le donne del paese inizia a girare voce che Kukkitsa sia tornata e che sia diventata un brucolaco.
Un racconto di grande delicatezza, in cui l’autore tratteggia con efficacia il dolore dapprima inconsolabile di Konomos, soprattutto in quadretti di vita quotidiana in cui si percepisce l’assenza, poi lenito da una serena accettazione, in virtù dell’intuizione di un’alternativa più confortante e consona alla vita di una ragazza beata rispetto alla trasformazione in brucolaco.

Questa antologia colma in definitiva un vuoto, nell’ambito di un filone letterario pressoché sconosciuto ma pieno di significati e implicazioni culturali. Qui emerge, infatti, una figura che è evidentemente alla base delle credenze da cui ha attinto la letteratura vampiresca, credenze finora poco considerate e studiate nella loro incarnazione ellenica. Inoltre i racconti, tutti di un certo spessore narrativo, offrono meravigliosi spaccati sulla vita della società contadina ellenica e sulle sue credenze magico-religiose.

Risorse Web:
ETPBooks
Scheda del libro sul sito dell’editore
Pagina su Achilleas Paraschos (in greco)
Pagina di Wikipedia sull’ithografia (in greco)
 

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